L’11 settembre del 2001, esattamente 22 anni fa, un gruppo di terroristi di al-Qāʿida mise in pratica uno dei più imponenti attentati della storia: quattro aerei vennero dirottati su altrettanti bersagli e ben tre andarono a segno, schiantandosi sul World Trade Center di New York (le “torri gemelle”) e sul Pentagono, causando la morte di quasi tremila persone. Lo shock che percorse il mondo occidentale, che assistette all’ultima fase dell’attentato addirittura in diretta TV, fu enorme. Ecco perché si è generato, anche qui in Italia, uno strano effetto collettivo: quasi tutti sostengono di ricordare esattamente dov’erano, cosa stavano facendo e come hanno saputo del disastro in quel maledetto martedì.
Sì, era un martedì, un giorno in cui gli uffici e le scuole di buona parte del mondo erano tornati a riempirsi dopo le ferie estive, ed erano le 8.45 nel fuso di New York, le 14.45 all’ora di Roma. Ma come mai quel giorno e quell’ora sono rimasti così impressi nella memoria della gente? Qual è la spiegazione scientifica del fenomeno?
Secondo il medico svedese Lars Olov Bygren il motivo risiederebbe in un particolare ormone secreto dal corpo umano in situazioni di forte stress, ossia il cortisolo. Parlando della memoria legata all’11 settembre, lo scienziato ha spiegato che la produzione massiccia di cortisolo in risposta a un dato evento media un processo di sedimentazione del ricordo, il quale si mantiene vivido anche a distanza di anni. Sarebbe lo stesso processo che porta, ad esempio, chi ha subito un incidente d’auto a ricordare vividamente l’episodio per tutta la vita.
Ma uno studio assai interessante pubblicato sul Journal of Experimental Psychology giunge a conclusioni del tutto diverse. Gli psicologi autori dello studio hanno dimostrato, facendo alcuni esempi reali, che il ricordo di fatti importanti per la collettività, sia nel senso positivo che nel senso negativo, tende a innescare nella singola persona dei ricordi distorti. Ad esempio, un uomo di New York ricordava di essere sceso in strada l’11 settembre 2001, ma la realtà è che quella mattina non aveva mai lasciato il proprio ufficio. L’uomo non stava mentendo, era genuinamente convinto di aver lasciato il suo posto! Questo però era un ricordo falso, creato dal suo inconscio per proiettarvi il senso di urgenza e la voglia di dare una mano che il soggetto aveva provato.
Le due spiegazioni fornite in questo articolo non sono necessariamente in contrasto l’una con l’altra. È possibile che per alcune persone, specie per coloro che si trovavano a New York, Washington o Arlington, o ancora per coloro che assistettero all’impatto del secondo aereo in diretta, i ricordi mediati dallo shock siano reali; è altrettanto possibile che la memoria di qualcuno, data l’enorme risonanza successiva dell’evento, sia stata forzata e deformata dallo sforzo di recuperare memorie labili e sfuggenti.
Voi ricordate dov’eravate e cosa stavate facendo alle 14.45 dell’11 settembre 2001?