Oltre alla violenza fisica e verbale esiste un’altra forma di violenza più sottile ma non meno dannosa: la violenza simbolica.
Il termine “violenza simbolica” è stato coniato negli anni ’70 dal sociologo Pierre Bourdieu. Si tratta di una forma di coercizione non agita fisicamente, ma in modo occulto attraverso simboli, parole e gesti culturali. La violenza simbolica è considerata la forma di dominio agita su interi gruppi da parte dei più forti. Se la definizione ti sembra oscura, non temere, capirai presto di che si tratta vedendo come funziona questo tipo di violenza.
Le armi della violenza simbolica sono generalmente:
La violenza simbolica è quindi il modo in cui un gruppo privilegiato esclude e sbeffeggia un secondo gruppo che viene mantenuto in condizione di inferiorità. La violenza simbolica somiglia molto a ciò che intendiamo comunemente come discriminazione, ma ci sono alcune differenze. La violenza simbolica è considerata l’insieme di condizioni che legittimano la descriminazione, la rendono accettabile e contribuiscono a perpetuarla.
Uno studio pubblicato sulla Revista Mexicana de Ciencias Políticas y Sociales sostiene che la violenza simbolica nei confronti delle donne in politica non è riassumibile con la pura e semplice discriminazione (“le donne non possono fare politica”) ma si riferisce a tutta quella serie di pratiche che vengono condotte per infangare la reputazione o la credibilità delle candidate donne, permettendo alla discriminazione di perpetuarsi.
Un altro studio pubblicato sul Journal of Social Issues conferma che la violenza simbolica contribuisce a dividere le società acuendo i conflitti tra i diversi gruppi e frammentando le comunità statali. Questo atteggiamento rende minori le probabilità di pacificazione o attenuamento dei conflitti.
Le aree più comuni in cui si evidenzia la violenza simbolica sono il classismo, il razzismo, il machismo, l’abilismo, l’omofobia e lo specismo. In tutti questi campi il gruppo più debole (poveri, stranieri, donne, disabili, persone non eterosessuali e animali) è oggetto di diversi tipi di violenza fisica/verbale che vengono giustificati dalla violenza simbolica. Ecco come questo tipo di coercizione “invisibile” diventa reale e tangibile inficiando la qualità della vita e le prospettive future dei gruppi minoritari.
La violenza simbolica viene da lontano e spesso è interiorizzata dai gruppi che la subiscono: si pensa che “è sempre stato così” e ci si rassegna. Fortunatamente negli ultimi anni si è iniziata a prendere più coscienza della portata sociale della violenza simbolica e a combatterla. Come? Invertendo i punti che prima sono stati enunciati come pilastri e ribaltandoli nel dibattito pubblico e privato:
Combattere la violenza simbolica richiede un impegno sia individuale che collettivo per riconoscerne le manifestazioni e per promuovere una cultura di rispetto, equità e solidarietà. È una sfida importante per la costruzione di una società più equa, più giusta e democratica.