Anche se le canzoni “del cuore” fanno sempre emozionare, che siano ascoltate in cuffia oppure ad un concerto, è chiaro che la musica dal vivo fa un effetto decisamente più forte. Un nuovo studio ha cercato di capire perché.
I ricercatori dell’università di Zurigo hanno studiato gli effetti sui processi emotivi nel cervello umano legati alla musica live. Il complicato esperimento è stato condotto con l’ausilio di un pianista che era incaricato di suonare diverse melodie: l’intenzione era di spingere gli ascoltatori a reazioni emotive più o meno forti. In un secondo momento ai volontari è stata fatta ascoltare una registrazione della stessa musica eseguita dallo stesso pianista. Durante tutto l’esperimento gli ascoltatori erano collegati a macchine per la risonanza magnetica, offrendo così agli studiosi una visione “in diretta” dei loro processi cerebrali.
Il risultato è che durante l’ascolto della musica dal vivo l’attività dell’amigdala è più intensa e costante rispetto a quanto avviene con la musica registrata.
L’amigdala è una struttura situata all'interno del sistema limbico del cervello. È composta da una serie di nuclei nervosi che svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione delle emozioni positive e negative. Inoltre, l'amigdala è coinvolta anche nella memoria emotiva e nella risposta agli stimoli esterni percepiti come minacciosi o stressanti.
Le funzioni dell'amigdala includono infatti l'elaborazione delle informazioni sensoriali provenienti da diverse fonti, la valutazione della loro rilevanza emotiva e la generazione di risposte appropriate, come la produzione di reazioni di paura o ansia o l'attivazione di sistemi di difesa del corpo. Il fatto che la musica influenzi l’amigdala è osservabile nell’esperienza di molte persone: brani diversi possono indurre reazioni veramente opposte come la commozione, il divertimento o anche l’angoscia e il terrore.
Sascha Frühholz, uno degli autori principali dello studio che abbiamo raccontato, si è detto soddisfatto della propria scoperta. Non era infatti così ovvio che a parità di volume, di strumento e di artista la musica registrata fosse “inferiore” a quella live. “L'esecuzione dal vivo ha stimolato uno scambio più attivo di informazioni nell'intero cervello, il che indica una forte elaborazione emotiva nelle parti affettive e cognitive cerebrali" ha detto Frühholz.