L’ADHD, che sta per "Attention Deficit Hyperactivity Disorder" (Disturbo da Deficit dell'Attenzione e Iperattività), è una neurodivergenza caratterizzata dalla difficoltà a mantenere l'attenzione, a controllare i comportamenti impulsivi e a regolare l'energia. Le persone con ADHD possono avere difficoltà a concentrarsi su compiti prolungati, a seguire istruzioni complesse, a organizzare le proprie attività quotidiane e a rimanere sedute ferme. L'iperattività può manifestarsi attraverso l'agitazione, l’ansia e l'impulsività.
Al giorno d’oggi, con una maggiore consapevolezza sulle neurodivergenze e i disturbi del neurosviluppo, sono sempre di più i bambini (ma anche gli adulti) che vengono diagnosticati come ADHD. Le caratteristiche proprie di tale condizione sono viste spesso come limitanti a scuola e sul lavoro, perché spesso in questi ambienti viene richiesto di stare fermi a lungo e di rimanere concentrati su obiettivi specifici. Dunque molte persone con ADHD affrontano terapie comportamentali che possono aiutarle a inserirsi meglio nella società.
Ma un nuovo studio sostiene che l’ADHD sia così diffuso perché, anche se oggi sembra un ostacolo, un tempo per i nostri antenati cacciatori-raccoglitori poteva essere una risorsa.
La nuova ricerca, condotta su circa 500 volontari, prevedeva la somministrazione di un gioco online che ha qualche somiglianza con uno scenario possibile per i nostri lontani antenati. A schermo i partecipanti vedevano alcuni cespugli dai quali dovevano “raccogliere” il maggior numero di bacche in 8 minuti. Cliccando su una pianta, essa forniva i suoi frutti e li depositava in un cestino virtuale. Più volte si cliccava sulla stessa pianta, più il numero di bacche raccolte diminuiva. I partecipanti erano posti di fronte alla scelta di cambiare pianta, rischiando di non trovare nulla, o continuare a insistere sulla stessa.
Prima di giocare, i volontari dello studio hanno risposto a un questionario di screening che riguardava la presenza di tratti ADHD. È bene puntualizzare che non si trattava di un questionario diagnostico ma soltanto di un quiz che rilevava la presenza di caratteristiche assimilate a questo tipo di neurodivergenza. Tutti noi infatti, come esseri umani, abbiamo qualche tratto comune, che siamo neurotipici o neurodivergenti. Le persone che avevano un profilo più affine a tratti ADHD, su 500, sono risultate circa 200.
Ebbene, i partecipanti che avevano tratti simili all’ADHD erano più propensi, rispetto agli altri, a cercare le bacche in piante diverse, cambiando spesso obiettivo. Così facendo ottenevano punteggi maggiori nel gioco.
I risultati di questo studio sono compatibili con altri che hanno interessato, in passato, le popolazioni nomadi. Tra queste risulta esserci un maggior numero di persone con tratti ADHD rispetto a quanto si riscontra in Occidente.
L’ADHD, che oggi consideriamo debilitante, potrebbe essere stato favorito dall’evoluzione perché aiutava i nostri antenati nomadi a prendere decisioni rapide, a cambiare velocemente idea, a esplorare tutte le possibilità per trovare più cibo e sopravvivere. Questa è una ulteriore conferma che la grande diffusione delle neurodivergenze, e di questa in particolare, potrebbe essere non una condanna ma un “premio” della natura che ha donato ad alcuni individui caratteristiche uniche in grado di ottenere risultati personali di rilievo.