Il vero significato della frase vuole intendere un qualcosa che non accadrà mai e fu coniato da Dante Aligheri. Nel verso 117 del XXXII canto dell’Inferno, infatti, il Sommo Poeta, riferendosi ai dannati imprigionati nel lago ghiacciato di Cocito, scrive: “Là dove i peccatori stanno freschi”.
La frase può avere molti significati ma tutti con una connotazione negativa, così come lo era la condizione dei dannati descritti nell’ Inferno. L’aggettivo fresco esprime in realtà qualcosa di temperatura piuttosto gradevole, non troppo fredda né calda: acqua fresca; venticello fresco: qualcosa quindi che produce una gradevole sensazione.
La freschezza è anche una caratteristica degli alimenti. Le verdure fresche, ad esempio, sono quelle raccolte da poco tempo. Anche gli alimenti che mettiamo in frigo sono freschi, nel senso che stanno al fresco, vengono tenuti al fresco, cioè a bassa temperatura, al freddo quindi, e il motivo è che devono durare qualche giorno in più. Devono mantenersi per essere consumati per qualche giorno. Ecco perché su un piano figurativo l’espressione stare fresco significa “attendere” ma aspettare invano qualcosa. Stare freschi allora è un’espressione informale che si usa per indicare che qualcosa non accadrà mai, inutile aspettare. È un’espressione ironica, come dire “mettiamoci in frigo, così non invecchiamo mentre aspettiamo“.
Questo modo di dire non è l’unico che abbiamo ereditato da Dante. Il Nostro, infatti, è il padre di molte altre espressioni che ancora oggi utilizziamo. Per dire che un evento non ci scalfisce, possiamo per esempio affermare non mi tange, espressione pronunciata da Beatrice (II canto dell'Inferno).
Nel XXXIII canto, in un'invettiva contro Pisa, appare invece l'espressione bel Paese, oggi usata per indicare l’Italia. Nel V canto, nel descrivere l'amore tra Paolo e Francesca, sbocciato mentre i due leggevano il racconto del bacio tra Lancillotto e Ginevra, Dante utilizza quel galeotto fu (riferito al libro) che usiamo tuttora per dire che la responsabilità di un evento è dipesa da qualcosa estranea a noi.
Anche quando impieghiamo l'espressione senza infamia e senza lode per far capire che qualcosa non va né tanto bene né tanto male, attingiamo ancora da Dante, che scrisse il verso senza infamia e senza lodo nel III canto per indicare gli ignavi, ossia persone che in vita non avevano avuto il coraggio di prendere posizioni.
Non c’è da meravigliarsi, quindi, se il poeta fiorentino è riconosciuto come il padre della lingua italiana!