Partiamo dal presupposto che ognuno è libero di vivere la propria sessualità come meglio crede e senza giudizi di sorta. Allo stesso modo, ogni persona ha il diritto di scegliere di proteggere la sua verginità e a conservarla in nome della fede e di altre motivazioni personali.
Per alcune culture, essere vergini, significa tuttora esser una donna pura perché non si è concessa sessualmente. Nelle società occidentali, invece, la verginità sembra essere più un peso che altro, e bisogna assolutamente correre verso il traguardo della famosa “prima volta”. Ad oggi, quindi, la verginità è ancora un valore? E’ possibile che le donne temano ancora di essere giudicate delle “poco di buono” se non più vergini?
È evidente che in questo contesto i valori culturali, religiosi, sociali la fanno da padroni. Anche i modelli dei mass-media fanno la loro parte: qualche tempo fa, un’ex partecipante al Grande Fratello offrì la sua presunta verginità per un milione di euro. Una provocazione per conquistare qualche copertina, ma altrove, questa, è una drammatica realtà. A Dubai una notte con una vergine è pagata circa sei mila euro. Diversi i modi e le ragioni, ma ugualmente lesa la dignità femminile: da una parte, la notorietà, la ricchezza, l’idea di conquistare “la bella vita”. Dall’altra, la disperata condizione di chi è costretta a simulare la verginità per sfuggire al ripudio di un marito, al linciaggio di un padre, all’emarginazione di una società.
Quello di verginità è un concetto quindi che denota una certa ambivalenza; sentirsi inviolati o intatti è un equilibrio che vorremmo difendere da tutti i processi di disgregazione che potrebbero ledere la nostra interezza, la nostra unità. Ecco perché, simbolicamente, per molte donne la verginità rimane un valore da difendere non solo per motivi sociali, ma anche interiori e strutturali. Una vera intrusione del corpo, ma anche, e soprattutto, della mente. E come in tutti i processi di maturazione, anche la “perdita” della verginità comporta una crescita, un percorso verso l’identità maschile e femminile che sia; e come tale comporta l’elaborazione di un qualcosa che si aveva e che si è perso.
E’ importante perciò imparare a fare i conti con se stessi, con le proprie necessità e valori, senza rincorrere falsi miti e nasconderci dietro questi ultimi. Non esiste un momento giusto per perdere la verginità, ma esiste un momento soggettivo, personale, da vivere quando ci si sente pronti. E per le donne, così come per gli uomini, non c’è un’età adeguata. La cosa importante è tentare di vivere quel momento nel pieno significato della propria essenza. Esiste solo un momento personale, nel quale si è pronti a vivere a pieno un’esperienza di vita e di crescita così importante, da condividere con il/la partner e non con i social network. Purché si parli di scelta, da entrambe le parti: non di costrizioni sociali, tabù né di pressioni psicologiche o mode.
Un’adolescente che, per scelta, perde presto la verginità, ad esempio a tredici anni, non sarà una poco di buono, già esperta di sesso, ma sarà semplicemente una ragazza curiosa, già pronta a conoscere il proprio corpo e quello dell’altro, già disposta o affascinata dall’amore e dalle sue pulsioni sessuali. In alcuni casi sarà anche un’adolescente che ha deciso di andare a capire da sé quello che gli adulti non le spiegano e le costringono a vivere come qualcosa di sporco. Proteggere le adolescenti non parlando loro di sesso, di come ci si avvicina all’altro, di come si può esser più intimi, creerà spesso terrore, paura o, viceversa, una voglia spudorata di conoscere questo affascinante contesto che il mondo degli adulti mi vuol nascondere ad ogni costo.
L’unico modo che abbiamo per proteggere i nostri ragazzi è parlare loro di sesso e, con esso, del rischio che comporta il sesso non protetto, ma anche alcune derive emozionali e relazionali che nulla hanno a che vedere con l’amore.
La famosa prima volta per molti di noi non sarà stata come ce la immaginavamo: anni ed anni nell’attesa del momento giusto, le luci soffuse, la musica di sottofondo. No, per molti magari non era neppure la persona giusta (che non vuol dire l’amore della vita), magari ha fatto male ed eravamo in macchina o in un luogo angusto e nascosto tutt’altro che romantico. Eppure quella volta terribile per alcuni di noi è stata fondamentale per avvicinarci al sesso togliendo a volte timori inutili e anche aspettative utopistiche. Ci ha permesso di prendere consapevolezza di ciò che proprio non volevamo e, col passar del tempo e con l’esperienza, di capire come ci piace far l’amore. Meglio è andata a chi ha salutato la sua verginità quando è stato pronto per farlo, al momento giusto, magari con la persona giusta. A prescindere che sia stato presto o tardi, prima o dopo il matrimonio, con l’amore della vita o con un ragazzo/a che ricorderemo con gratitudine e affetto.
Quello che è sicuro è che siamo persone con indoli e storie diverse e, al di là dei giudizi e dei pregiudizi sociali, non c’è un’età univocamente giusta, un momento giusto, un modo giusto per farlo se non il modo e il tempo giusti per noi.
La risposta è dentro di noi. Punto. Ogni donna, come ogni uomo. ha i suoi tempi. E l’unicità e la libertà di ognuno di noi passano anche per la capacità di vivere la propria sessualità liberamente, senza condizionamenti, sensi di colpa e neppure medaglie al valore.