Tutti conosciamo il narcisismo: idea grandiosa di sé, incapacità di provare empatia, scarsa considerazione degli altri e tendenza a manipolare. Ma da dove nasce questo disturbo (perché di un disturbo si tratta)? Alcuni studiosi hanno provato a investigare, chiedendosi se il narcisismo sia un tratto innato o acquisito.
La psicologa W.T. Behary, in particolare, è convinta che narcisisti non si nasce, ma si diventa. Dopo lunghi anni di studio ha individuato tre tipologie di bambino che sono propense a sviluppare un disturbo narcisistico da adulte. Queste sono:
Il “bambino viziato” è cresciuto in una famiglia in cui aveva particolari privilegi concessi solo a lui e in cui gli veniva rimandata costantemente la sua eccezionalità. Una famiglia, insomma, eccessivamente presente quando si trattava di lodi e totalmente assente quando si trattava di rimproveri. Il bambino che è stato assecondato in tutto, sempre gratificato e mai rimproverato sviluppa nel tempo una intolleranza alle frustrazioni che è tipica del disturbo narcisistico di personalità. Da adulto è ancora convinto di essere speciale e che tutto gli sia dovuto.
Secondo la teoria di Behary un altro possibile futuro narcisista è il bambino che è sempre stato protetto dai genitori, messo sotto una campana di vetro per non dover affrontare i dolori e le frustrazioni della vita. Questo “bambino dipendente” non ha sviluppato una competenza personale e da adulto ha l’aspettativa che gli altri si prendano sempre cura di lui, impedendogli di compiere decisioni sbagliate.
Tra le teorie più diffuse sull’origine del narcisismo c’è il concetto, espresso anche da Behary, del “bambino deprivato” che ha ricevuto nella sua vita infantile un amore sempre “condizionato”, quindi mai spontaneo e sincero. I genitori di questo tipo di bambino lo lodavano e gli dimostravano affetto solo quando lui portava a casa dei buoni risultati o appariva perfetto. In questo modo il bambino ha capito che solo essendo al massimo poteva aspirare a essere amato. Da questo deriva l’idea che l’amore sia contingente e legato alla soddisfazione delle aspettative altrui. Quando il bambino non riusciva a primeggiare subiva una violenta umiliazione. Qui nasce la maschera grandiosa del narcisista, che teme di rivivere le umiliazioni dell’infanzia e non riesce a non mostrarsi “perfetto” a chi incontra.
In alcune famiglie disfunzionali i bambini futuri narcisisti sono diventati il surrogato del marito o della moglie assente, sentendosi per questo speciali e unici ma anche privati dell’infanzia. Inoltre non hanno mai sviluppato empatia perché sono stati investiti di un ruolo per soddisfare i bisogni dei genitori ma mai ascoltati per ciò che erano veramente.
Il dolore di non essere stato mai amato pesa molto sulla formazione del futuro narcisista, che può essere stato anche accudito e vezzeggiato ma non ha mai ricevuto le attenzioni che meritava davvero. Per questo il bambino ha sviluppato una serie di strategie per evitare il dolore: adeguarsi alle richieste dei genitori o chiudersi in se stesso. Nella vita adulta queste strategie non consentono di intraprendere relazioni autentiche.
In conclusione, chi soffre di disturbo narcisistico di personalità è un uomo o una donna che nell’infanzia ha sofferto molto e che continua a soffrire a causa dei suoi comportamenti disfunzionali. Queste persone non sono mostri, ma soggetti estremamente fragili che hanno bisogno di aiuto. Ricordiamo che aiutare non significa cadere nella sindrome della crocerossina ma invitare la persona a seguire un percorso di riabilitazione a livello psicologico.