Sono molte le storie di amicizia tra uomo e animale che leggiamo ed ascoltiamo, e a nessuna di queste facciamo fatica a credere, perché chiunque abbia la fortuna di avere nella sua vita un amico così speciale sa quanto possa essere meraviglioso questo rapporto, quanta gioia possa portare e che tipo di legame possa instaurarsi: un animale domestico non è solo un passatempo, o un “oggetto” da mostrare, ma un membro della famiglia, con cui si instaura un rapporto profondo ed intimo di reciproca compagnia.
Ciascuno di noi possiede legami unici, amicizie speciali che ci riempiono la vita e durano per anni, ma quelle a quattro zampe che ci siamo scelti sono spesso i più fedeli, i più leali e i più affezionati. Scorrono tranquille senza litigi e incomprensioni insanabili, amicizie in cui ci si capisce con uno sguardo senza necessariamente usare la parola. Questi amici di cui stiamo parlando sono i nostri animali domestici: i nostri cani, gatti, pappagallini, conigli, criceti, grazie ai quali non ci sentiamo mai soli e siamo certi di non annoiarci, perché prenderci cura di loro è uno dei migliori rimedi contro la monotonia, ma non solo.
Sono tanti, infatti, gli aspetti positivi di questa compagnia: un animale è un rimedio contro la tristezza, e può aiutarci a superare un momento difficile, poiché la sua sola presenza può portare effetti benefici, che valgono molto più di tante parole. Talvolta, basta un solo sguardo, una coccola e un giochino per rimediare ai nostri problemi, facendoci tornare il sorriso, e tutto questo ci viene donato senza chiedere nulla in cambio. Sì, perché è proprio questo il legame che abbiamo con loro, un rapporto di affetto ed amore disinteressato, ed è per questo che non è un luogo comune quando sentiamo dire che l’animale è il migliore amico dell’uomo.
La fedeltà e la lealtà sono doti che molto spesso facciamo fatica a ritrovare nelle persone, ma che ci vengono assicurate dai nostri amici animali, che si prendono cura di noi tanto quanto noi ce ne prendiamo di loro. Infatti, chiunque possa vantare di una compagnia simile, se ripensa a com’era la propria vita prima dell’arrivo del suo amico, di certo sentirà la differenza, non la troverà così piena come ora, e per nulla al mondo tornerebbe indietro o si priverebbe di questa compagnia. Molto più di un amico, il nostro compagno di vita sa esserci sempre, non ci fa sentire mai soli, non ci giudica e non ci abbandonerà mai, rendendoci la vita migliore.
Anche la scienza lo dice: gli esperti affermano che la presenza di un animale in molti ambiti può contribuire a regolarizzare il battito cardiaco, abbassare la pressione arteriosa, migliorare l’ossigenazione del sangue, ridurre l’ansia, migliorare l’umore, rafforzare il sistema immunitario. Negli anni Ottanta la studiosa Erica Friedmann ha dimostrato che in bambini affetti da cardiopatie non solo vivere con un animale, ma anche semplicemente osservarne uno, riduce la pressione arteriosa, regolarizza la frequenza cardiaca e respiratoria, consente il rilassamento del tono muscolare e del viso. E forse è proprio questa la chiave, l’osservazione. Se si possiede un animale, se si proiettano su quell’individuo ansia e frustrazione, se gli si richiede di compensare difficoltà di relazione, riempire vuoti esistenziali, soddisfare il nostro impulso epimeletico, senz’altro staremo meglio, ci sentiremo meno soli, finalmente compresi e accettati. Ma non basta: se invece sceglieremo di vivere accanto ad un animale, se lo considereremo un individuo, con le proprie necessità, capacità, attitudini, altro da noi, se gli consentiremo di vivere pienamente, al nostro fianco, di esprimersi, se ci impegneremo a imparare una lingua comune, se costruiremo una relazione libera, con rispetto, basata sulla conoscenza reciproca, allora forse tornare a sentirci animali tra gli animali sarà la nostra più grande rivoluzione, la nostra più grande conquista.
Se la Pet therapy è terapeutica per l’uomo, lo dev'essere anche per l’animale, in una relazione di armonia reciproca. Lo psichiatra infantile Boris Levinson, negli anni Sessanta dello scorso secolo, ebbe l’opportunità di assistere alla facilitazione di una seduta con un piccolo paziente affetto da autismo per la presenza nella stanza del cane con cui lo psichiatra conviveva. Il bambino riusciva a proiettare sull’animale le proprie emozioni e la relazione medico-paziente si arricchiva e assumeva differenti sfumature. Dall’intuizione di Levinson nasce l’approccio di co-terapia che oggi conosciamo come Pet therapy, nella quale la relazione tra conduttore animale viene messa a disposizione di persone di ogni età all’interno di case di cura, ospedali, residenze protette. Più in generale in tutte quelle situazioni in cui la presenza di equipe opportunamente formate, multidisciplinari può contribuire a migliorare e promuovere il benessere.
Oggi, che sempre più numerosi studi scientifici nazionali e internazionali dimostrano l’efficacia delle attività e terapie assistite dagli animali, si istituiscono Centri di Referenza Nazionali e si applicano linee guida, si legifera, si regolamenta, si incrementa l’offerta formativa, si dedicano trasmissioni televisive, blog, libri e pagine di giornali alla Pet therapy e ai benefici apportati dall’ingresso degli animali negli ospedali e nelle scuole.
Spesso, purtroppo, anche parlandone a sproposito e con poca cognizione di causa, contribuendo a diffondere concetti e idee non esattamente corretti: Pet therapy non è portare un cane, un gatto, un criceto o un coniglio in una classe o in un reparto, è piuttosto una professione a tutti gli effetti che richiede formazione, esperienza, capacità di lavorare in squadra per un fine comune e progettazione. E anche i co-terapeuti animali devono essere formati, dimostrare capacità e doti peculiari. In una relazione, in un legame, infatti, ciò che conta è il benessere reciproco e la relazione con gli animali non fa eccezione.