Il concetto di ricatto emotivo è stato espresso per la prima volta nel 1997 dalla terapeuta Susan Forward, che lo definisce come una potente forma di manipolazione nella quale le persone a noi vicine minacciano di punirci se non facciamo ciò che vogliono. Il ricatto emotivo, dunque, non si applica solo al contesto di coppia ma è anche molto frequente nelle famiglie. La sua natura è proteiforme e i segnali che lo annunciano possono essere diversi; in questo articolo abbiamo raccolto i principali.
La persona che ricatta emotivamente può assumere un atteggiamento passivo-aggressivo, cioè può comportarsi in modo diverso dalle parole che pronuncia. Può ad esempio dire di non essere arrabbiata ma tenere il muso. In questo modo genera rabbia e confusione nella sua vittima.
Fingere di sentirsi in colpa è una potente strategia di ricatto emotivo. La persona finge di colpevolizzarsi mentre il suo unico obiettivo è ottenere le scuse della vittima.
Il bullismo è una forma di violenza neanche troppo sottile in cui si porta la persona a credere di meritare le azioni denigratorie che le sono rivolte, o in cui si porta la vittima ad avere paura per se stessa. I comportamenti caratterizzati dal bullismo possono sussistere anche in età adulta.
Le promesse di cambiamento insincere sono un vero classico del ricatto emotivo. Puntualmente le speranze vengono disattese e intanto il rapporto si logora sempre di più.
Il ricatto emotivo e la manipolazione hanno molti punti in comune: di fatto l’uno è una forma in cui si può presentare l’altra. La persona che manipola può adottare un atteggiamento “bastone e carota” punendo la vittima se non accondiscende alle sue richieste. Questo è un modo di rimarcare la propria superiorità.
Come in tutte le forme di manipolazione, anche nel ricatto emotivo si cerca di tagliare fuori la vittima dalla sua cerchia di amici e familiari per renderla più debole. Quando il ricatto è agito all’interno delle famiglie, la vittima può essere isolata dagli altri membri (ad esempio dai fratelli). Di solito si cerca di far sentire la vittima in colpa perché trascorre del tempo lontana dal carnefice.
Il gaslighting nel ricatto emotivo può comprendere la falsa accusa di aver ferito i sentimenti del carnefice, ma può configurarsi anche come ritiro emotivo o trattamento del silenzio.
Se la vittima non fa quello che il carnefice vuole, ecco che compaiono degli attacchi alla sua autostima, come accuse di non essere abbastanza empatico o diretti paragoni con l’ex partner o altri membri della famiglia.
Le minacce di suicidio di solito vanno intese seriamente, perché possono nascondere un problema di salute mentale. Ciononostante, se il partner minaccia di togliersi la vita ogni volta che fate qualcosa che non gli aggrada, è probabile che stia solo cercando di controllarvi.
Come abbiamo potuto vedere, il ricatto emotivo può assumere diverse forme, ma è sempre devastante per chi lo vive da vittima. La soluzione migliore è allontanarsi dal carnefice, perché si tratta di una personalità che agisce in modo tossico. Quando questo non è possibile, è bene stabilire dei forti confini e rinforzare le proprie barriere interne in modo da non farsi più toccare da questi atteggiamenti, che mescolano infantilismo e freddo calcolo.