Il trattamento del silenzio è una tattica usata molto spesso nelle famiglie, nelle coppie e nell'ambito di legami stretti. Si tratta, ed è bene per prima cosa riconoscerlo, di una forma di abuso psicologico attuata spesso da personalità passivo-aggressive.
È frequente veder attuare questa strategia punitiva da parte delle madri nei confronti dei bambini, ma non mancano casi di questo tipo neanche nelle coppie.
Le sfumature sono tante, ma si tratta di norma di un atteggiamento punitivo: se vi viene chiesto di fare qualcosa e rifiutate, oppure se disattendete le aspettative di un familiare o di un partner ed essi smettono di parlarvi, subite attraverso il trattamento del silenzio il loro sottile "castigo".
Un castigo che non può essere denunciato, non può essere impugnato in una discussione e che è, a conti fatti, impalpabile, ma può essere estremamente doloroso.
Il trattamento del silenzio fa sentire chi lo subisce non solo invisibile e insignificante, ma soprattutto intimidito. Possono innescarsi confusione, frustrazione e sensi di colpa. Da parte sua, l'abusante sta veicolando disprezzo e rabbia difficili da accettare senza perdere la testa.
Spesso l'obiettivo dell'aggressore è la manipolazione: attraverso la punizione che vi sta infliggendo, ritiene, voi imparerete a temerlo e a obbedirgli sempre.
Se è piuttosto facile che una situazione simile si verifichi in seguito a una promessa disattesa o a una vostra disobbedienza, è anche possibile che il trattamento del silenzio venga attuato contro di voi senza preavviso, da un momento all'altro. A un certo punto il genitore, l'amico o il partner smettono di rivolgervi la parola, in un silenzio completo oppure circoscritto a specifici argomenti (situazioni che vorreste chiarire o aspetti importanti della vostra vita personale).
A quel punto è normale che si inneschi la dinamica della relazione disfunzionale, con i suoi ruoli ben precisi. Da un lato la persona passiva aggressiva non risponde e tronca di netto qualsiasi argomento, dall’altro lato voi, confusi, potreste trovarvi a chiedere: “Ma cosa ti ho fatto?”.
Sono inevitabili, a quel punto, risposte umilianti e sminuenti: “Se ti devo spiegare io in cosa hai sbagliato, vuol dire che non hai la minima considerazione di me”, oppure: “Se ti importasse davvero qualcosa, capiresti come mi hai ferito”.
L'aggressore, allora, avrà ottenuto quello che vuole: mostrarsi come una persona sensibile ed emotiva che è stata ferita dal vostro disinteresse per lei. E non smetterà fino a quando non vi vedrà abbastanza disperati da crollare ai suoi piedi.
Rispondere al trattamento del silenzio è estremamente difficile, perché questo abuso è per definizione basato sulla difficoltà di replica. Rispondere a un'aggressione fisica è una forma di autodifesa naturale e giustificabile, mentre contro azioni così sottili e raffinate le possibilità di reazione si riducono.
Ecco alcuni consigli per rispondere efficacemente al trattamento del silenzio: