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    Gestire la rabbia
    La rabbia è uno dei sentimenti primari dell'essere umano: un'esperienza intensa che a volte è difficile da vivere senza creare danni a se stessi o agli altri, senza dire cose di cui ci si potrebbe pentire in seguito. Per quanto sia difficile seguire dei consigli razionali quando "si vede rosso", la scienza cerca di darci alcuni consigli.

    Tutti, più o meno spesso, proviamo rabbia, anche se non tutti la manifestiamo nello stesso modo. Alcune persone sono più abituate a interiorizzarla, nascondendola; altri cercano di distrarsi o di sfogarsi in solitudine, vivendone a lungo gli strascichi; altri ancora reagiscono con parole o atteggiamenti più o meno violenti.

    La gestione della rabbia è uno dei più importanti insegnamenti che un bambino dovrebbe apprendere, per evitare che da adulto manifesti comportamenti dannosi per gli altri (che sono purtroppo all'ordine del giorno delle cronache): tuttavia, quando si sperimenta la rabbia è difficile reagire, anche per chi è dotato di un animo rispettoso ed educato.

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    L'assertività è una disciplina parapsicologica che nasce proprio per indirizzare le persone a una sana gestione dei conflitti. La prima cosa che si vorrebbe, normalmente, è sfogare la rabbia in qualche modo, o comunque far notare alla persona che ci ha irritati la cattiveria del suo comportamento.

    Anche tenersi la rabbia dentro non sembra essere la scelta più sana, almeno in apparenza. È noto che la rabbia interiorizzata produce malesseri fisici che possono andare da un semplice mal di testa a una severa gastrite.

    L'assertività, da questo punto di vista, è molto utile: ma, certo, è difficile assumere un comportamento corretto e bilanciare le parole se siamo nel mezzo della tempesta. Cosa è meglio fare, allora? 

    Prima dell'assertività, l'attesa: questa è la conclusione che ha tratto un team di scienziati guidati dal professor Brad Bushman.

    Il team di ricerca si è ritrovato a fare questa conclusione mentre conduceva una ricerca orientata verso tutt'altro risultato. Essi credevano, all'inizio, che la catarsi (cioè lo sfogo) fosse la miglior "cura" contro la rabbia e stavano cercando di dimostrarlo.

    La ricerca ha coinvolto 600 studenti (metà maschi e metà femmine) suddivisi in tre gruppi: a tutti  è stato chiesto di produrre un testo scritto. Questo, in seguito, è stato analizzato da un compagno che aveva l'incarico di criticarlo.

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    Poi un primo gruppo ha ricevuto indicazione di colpire un punchingball immaginando che raffigurasse il compagno criticone, un secondo gruppo ha dovuto colpire il punchingball pensando a quanto questo migliorasse la propria forma fisica e un terzo gruppo non ha ricevuto nessuna indicazione e non ha colpito il punchingball, rimanendo in attesa.

    Tutti i partecipanti, infine, hanno compilato un questionario nel quale descrivevano i loro sentimenti e valutavano il loro livello di rabbia.

    Secondo la teoria della catarsi, quella che il professor Bushmann stava cercando di dimostrare, il gruppo che si sarebbe dovuto sentire meglio era il primo: quello, cioè, in cui i ragazzi avevano colpito la sacca da pugile pensando al compagno critico. In questo modo avrebbero dovuto purgare, catartizzandola, la spinta aggressiva che li animava.

    A sorpresa, però, il gruppo più calmo è stato il terzo: quello che non ha fatto assolutamente nulla ed è rimasto in attesa.

    I risultati testati da Bushmann ("meglio stare fermi che sfogarsi") vanno in contraddizione con l’idea di catarsi, ma sono molto allineati con la Teoria Metacognitiva di Wells. Secondo Wells, nelle conclusioni riportate dal giornale di scienze psicologiche State of mind, "le forme di pensiero perseverante contribuiscono a mantenere l’attenzione focalizzata sulla situazione che ha attivato l’emozione negativa, mantenendo al contempo l’emozione stessa".

    In pratica, sfogarci non ha altro effetto che farci rimanere arrabbiati, più a lungo di quanto non dovremmo!

    C'è un però: se lasciamo sempre che tutto ci passi addosso, rischiamo di non compiere quel passo in più che ci aiuta a superare la rabbia, e quindi questo nodo irrisolto potrebbe rimanere, trasformandosi in rancore.

    Per questo è importante che, passata la tempesta e dopo una valutazione sull'opportunità di farlo, prendiamo da parte la persona che ci ha fatto arrabbiare e le parliamo.

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    Chi continua a pensare che il dialogo sia inutile rischia di portarsi dietro un carico di irrisolti molto pesante, che alla lunga può provocargli, se non una bella gastrite, sicuramente tanti rimpianti.

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     Commenti (3)
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    1. flores412, Milano (Lombardia)
      Forse la reazione più sensata è quella del "conta fino a cento prima di". Non è facile, in particolare per gli irosi, ma vi assicuro che serve.
    2. valentinobs, Brescia (Lombardia)
      Credo si giusto sfogare la rabbia proporzionata mente al motivo, un detto dice: con il maleducato ci vuole lo screanzato
    3. sottileconfine, Roma (Lazio)
      La rabbia credo debba essere dosata per le cose veramente importanti e non prendere fuoco per ogni nonnulla. Rabbiosi e rancorosi li si riconosce a pelle e fanno venire l'orticaria.
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