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    Il vintage: una moda e uno stile di vita
    Il vintage piace sempre di più, in particolare ai giovani: perché questa fortuna dei capi “fuori moda”? Che tipo di approccio alla vita rivela la scelta di vestire i capi “della nonna”?

    La passione per il vintage negli ultimi anni è letteralmente esplosa: sono sempre di più le fiere e i mercatini che in tutta Italia si dedicano alla vendita di capi e accessori del passato, e la schiera di giovani e giovanissimi amanti del vintage si fa sempre più nutrita. Si tratta, a tutti gli effetti, di una nuova moda: oggi si recuperano gli abiti “della nonna” sfoggiandoli con orgoglio, mentre uno o due decenni fa indossare una mise datata sarebbe stato causa di sicura derisione.

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    Quando parliamo di vintage, parola usata e abusata che sembra comprendere un po’ di tutto, dobbiamo stare molto attenti: il “vero” vintage non è semplicemente un abito o un accessorio di seconda mano o vecchio. È invece un capo che per vari aspetti è considerabile iconico di un decennio passato e che proprio per questo ha acquisito un valore aggiunto. Potremmo paragonare il capo vintage a un’auto storica certificata (quindi a suo modo iconica, speciale e costosa) e il semplice “usato” a un’auto più recente e senza particolare valore. Se un capo o un accessorio non ha almeno vent’anni non può essere considerato vintage.

    Il vero vintage, come possiamo capire, è difficile da trovare e spesso arduo da indossare e abbinare. Quello che si vede nelle fiere vintage o nei negozi è, spesso, un usato puro e semplice, mentre i veri capi iconici sono oggetto di una caccia spietata tra gli appassionati più esigenti.

    Ma perché il vintage piace così tanto? Le risposte possibili sono tante. Prima di tutto, non possiamo non considerare il fascino del passato, il quale ammanta ogni cosa di una patina di mistero e di fascino in più; in secondo luogo, il vintage si presenta come l’esatto opposto del fast fashion contemporaneo.

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    La moderna industria della moda è infatti caratterizzata da un’enorme produzione di abiti e accessori con materiali di scarsa qualità, venduti a basso costo, realizzati sfruttando i lavoratori dei Paesi meno industrializzati e destinati a durare tutt’al più un paio di anni. Al contrario, gli abiti di quaranta o cinquant’anni fa nascevano per durare decenni ed erano spesso prodotti con materiali durevoli e naturali, seguendo una filiera industriale più rispettosa. Scegliere di riutilizzarli implica reagire, in qualche modo, alla dittatura del fast fashion e rendere più ecologico ed etico il proprio armadio. 

    Ma queste ottime ragioni per amare il vintage non sono sufficienti a spiegare la sua fortuna: dobbiamo necessariamente menzionare il desiderio, da parte di molti, di crearsi uno stile personalizzato al massimo. Scegliere i propri abiti solo tra le proposte annuali offerte dalle grandi catene è ben più limitante che avere a disposizione, per riempire il proprio armadio, capi di tutti gli stili di tutti gli ultimi cinque decenni. Ecco che si può abbinare una camicetta nuova a un pantalone vintage, oppure scegliere di dare un tocco personale al proprio vestire recuperando la collana, la spilla, il bracciale o la borsetta “della nonna”.

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    Insomma, la moda del vintage impazza per diverse ragioni: non solo è più etica ed ecologica rispetto a quella offerta dalle grandi marche, ma è anche sintomo di un approccio alla moda attento e selettivo, destinato alla creazione di uno stile unico senza privarsi di alcuna possibilità di mixaggio e di contaminazione.

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