Alain de Botton è uno scrittore svizzero che, tra l’altro, collabora con la rivista Internazionale e che è stato recentemente autore di una serie di video intitolata “School of life”. In questi video, de Botton disquisisce in modo delicato ma puntuale sul tema dell’amore nella nostra società, smantellando gli stereotipi legati alle relazioni e presentando delle alternative ai classici “percorsi obbligati” che spesso portano al naufragio dei rapporti di coppia. Una delle sue riflessioni più interessanti riguarda il significato della parola amore.
Noi moderni tendiamo a far confluire nella parola amore una quantità di significati diversi: il risultato è che questo termine ha acquisito una “pesantezza” considerevole e non sempre aderente alla realtà dei sentimenti e delle relazioni umane. Qualcuno di noi potrebbe sentirsi schiacciato dalla forza della parola amore e colpevolizzarsi perché non riesce a vivere un sentimento in linea con il suo potente significato. La maggior parte delle nostre relazioni non è caratterizzata dall’estasi e dalla devozione tipiche dell’idea di amore romantico e questo potrebbe spingerci a catalogare come errori o deviazioni la maggior parte delle nostre esperienze.
De Botton chiama a soccorso gli antichi greci, con le diverse parole che utilizzavano in luogo dell’onnicomprensivo termine “amore”, per aiutarci a riconsiderare le nostre relazioni in un’ottica più pacifica e inclusiva.
Ecco i tre termini greci alternativi, o meglio, specificativi della parola amore:
Questo termine, usato anche al giorno d’oggi, riguarda la dimensione sensuale dell’amore, ma non deve essere inteso in modo riduttivo. Non è l’equivalente del più negativo termine “infatuazione” e non deve essere presente con la stessa intensità in tutta la vita di una coppia (come l’ideologia romantica vorrebbe). L’eros può allentarsi e perdersi col tempo, oppure può non evolvere fino a stadi ulteriori ma rimanere l’unico legame tra due persone. In ogni caso merita di essere celebrato.
Questo termine viene spesso tradotto con “amicizia” ma si tratta di qualcosa di più. Rispetto alla parola italiana, la filìa greca ha una dimensione di intimità, di lealtà e di emozionalità molto più alta. Secondo Aristotele, la filìa era il tipo di sentimento maturo che doveva guidare le relazioni matrimoniali: un rispetto e una devozione del tutto speciali verso l’amato o l’amata.
Secondo de Botton, questo termine si potrebbe tradurre con “amore caritatevole”. Questo è un sentimento che, secondo i greci, era simile a quello delle divinità per gli uomini: un’accettazione totale dell’altra persona con i suoi difetti e i suoi cedimenti, guidato sempre da compassione e da volontà di supporto. Questo tipo di sentimento, ci viene in mente, può essere ciò che sopravvive in una storia d’amore finita e che continua a legare per sempre due persone che in passato si sono amate secondo le definizioni precedenti.
Secondo Alain de Botton, utilizzare queste tre parole greche ci aiuta a snellire il concetto di amore ma anche ad estenderlo, andando a comprendere anche tante di quelle sfumature che di solito vengono svalutate.