“La coincidenza è il modo che ha Dio di restare anonimo”: qualcuno ebbe a coniare questa frase per intendere come dietro agli eventi casuali ci sia in realtà una regia occulta. Questa interpretazione va di pari passo con quella di chi sostiene che le coincidenze, soprattutto in amore, non esistono in quanto sarebbe già tutto preordinato e l’incontro tra due persone sarebbe scritto nel destino.
Per gli antichi era il fato a determinare gli eventi significativi della vita: secondo i greci e i latini il destino dei mortali sarebbe nelle mani degli dei, dispensatori di vita e di morte: pensiamo alle Parche, le quali tenevano nelle mani il filo della vita e quando lo avrebbero tagliato l’uomo a cui apparteneva sarebbe morto. Ma gli dei, secondo gli antichi, erano a loro volta dominati da una forza superiore, che è appunto il fato, il quale determinava non solo il destino dei mortali ma persino il loro.
Sostenere che nulla accadde per caso ha alimentato teorie e leggende, fra cui i miti dell’anima gemella e del filo rosso. Il primo mito, descritto nel Simposio di Platone, narra che l’uomo e la donna erano in origine un solo essere, completo e bellissimo; ma Zeus, preso da invidia, volle dividerlo in due e da quel momento maschio e femmina furono destinati a cercarsi per tutta la vita e spesso condannati a non ritrovarsi più.
Il mito giapponese del filo rosso narra invece che ogni bambino che nasce porta un invisibile filo rosso legato al mignolo della mano sinistra: questo lo lega alla propria anima gemella. Secondo i giapponesi, più ottimisti degli antichi greci e latini, il filo dell’amore è indistruttibile e le due persone legate a esso sono destinate prima o poi a incontrarsi.
In tempi moderni lo psicanalista Carl Jung coniò la teoria della sincronicità e il concetto di coincidenze significative, facendo con questo grandi passi avanti nella scienza psicologica. Il termine sincronicità riguarda proprio quei fatti che per logica non hanno alcuna attinenza fra loro, ma ai quali le persone tendono a dare un significato unitario e coerente.
Uno specifico episodio diede a Jung l’input per indagare su questo argomento: nel suo studio arrivò una signora, lamentando di sentirsi prigioniera di una razionalità eccessiva che la limitava in diversi ambiti della propria vita. La signora, dopo qualche incontro, raccontò a Jung un sogno fatto la notte precedente: riceveva in dono un bellissimo gioiello a forma di scarabeo dorato. Ebbene, mentre la paziente stava raccontando il sogno Jung vide alla finestra, con enorme sorpresa, uno scarabeo color verde-oro: lo mostrò alla paziente per dimostrarle il legame esistente tra i sogni e il mondo reale. In questo caso la coincidenza servì a Jung per lavorare sulla sua teoria e convinse la donna a riconsiderare la realtà, che non è solo pura razionalità.
Anche in amore esiste la sincronicità: accade ad esempio di incontrare una persona dopo averla appena pensata, o di scoprire di aver vissuto esperienze del tutto simili ad un altro e fatte magari nello stesso momento, pur senza conoscersi; questo ci fa capire che in realtà siamo tutti connessi e che il rapporto stretto che può nascere fra due persone serve, in realtà, anche ai singoli capire qualcosa di più di se stessi. Questo a prescindere dal credere nell’esistenza di un destino o nelle pure e semplici coincidenze: al di là di ogni possibile spiegazione, per come funziona la nostra mente l’effetto di stupore e di fascino resta lo stesso. Le coincidenze aprono spesso delle utilissime opportunità di cambiamento.