Il Covid 19 è uno tsunami che porta via con sé molte certezze e abitudini: ci costringe a restare in un isolamento forzato nel quale ognuno deve "affrontare" se stesso e le sue paure più profonde. Rimanere in attesa di un futuro ancora indecifrabile ci agita e così il distanziamento sociale e gli abbracci negati possono riportare a galla timori ancestrali, quello dell’abbandono: è facile sentirsi come bambini smarriti nella tempesta. Abbiamo paura, è inevitabile, e negarlo per esorcizzare il problema non serve, mentre riconoscere e dare dignità ai propri timori è il primo passo per affrontare questo momento difficile in modo costruttivo. Ma non basta: per riuscirci, occorre fare come in nostri antenati, cercando saggezza e conforto negli antichi racconti…
Nutrirsi di racconti senza tempo
Le favole, i miti e le leggende sono un ottimo mezzo per accarezzare e consolare la nostra fragilità: suggeriscono dove guardare per trovare i punti di forza che ci siamo dimenticati di possedere, ovvero all’interno. Il racconto seguente, che troviamo in forme differenti in molte culture arcaiche (qui abbiamo scelto la “versione” greca), ci ricorda quale cammino occorre intraprendere per entrare in possesso di quelle risorse…
Si narra che in un tempo molto lontano gli uomini fossero in tutto simili agli Dei. A causa di ciò, le divinità originarie cominciarono a preoccuparsi, al punto da spingere Zeus, il capo supremo, a prendere la decisione di togliere loro la scintilla divina e nasconderla dove non l’avrebbero mai trovata… Sorse un grande dilemma: quale luogo ha la caratteristica di essere così difficile da raggiungere da risultare un ottimo nascondiglio? Le altre divinità, a questo punto, vennero riunite a consiglio per valutare il problema e, dopo aver ragionato bene sulla questione, dissero: “Seppelliremo la divinità dell’uomo in fondo alla terra”. Zeus prontamente obbiettò: “No, non basta, perché l’uomo scaverà e la troverà”.
Allora gli Dei risposero: “Bene, allora affonderemo la sua forza nell’oceano più profondo”. Ma Zeus si oppose ancora: “No, perché prima o poi l’uomo esplorerà le profondità di ogni oceano e la riporterà in superficie”. Allora gli dei conclusero: “Non sappiamo dove nasconderla, perché sembra che non ci sia alcun posto sulla terra o nel mare dove l’uomo non potrebbe eventualmente raggiungerla”. Così a Zeus venne un’idea e la espose replicando: “Ecco cosa faremo con la divinità dell’uomo. La nasconderemo nelle profondità del suo stesso essere, perché non penserà mai di cercarla proprio lì”. E da allora, conclude la leggenda, l’uomo è andato su e giù per la terra, arrampicandosi, tuffandosi, esplorando e scavando, per cercare qualcosa che invece aveva sempre racchiusa in Sé.
Cercare dentro per trovare fuori
Il significato del racconto è intuibile: ogni cosa che l’uomo cerca nel mondo (amore, accettazione, sicurezza, felicità…) è riconducibile alla sua realtà divina ed eterna, ovvero alla sua interiorità: solo guardando in tale direzione sarà possibile avere tutto il resto in conseguenza. Si dovrebbe dunque vivere l’attuale tempo sospeso non come perduto, sprecato ma come una pausa fra le note di cui è abitualmente composta la nostra vita, come occasione per scoprire o riscoprire il nostro grande potere interiore, scintilla di ogni stato di autentico benessere. Nella confusione del tempo sospeso, fermati ad ascoltare la pausa, il silenzio, il vuoto e guarda bene dentro di te: dapprima vedrai ombre confuse (timori, ansie, tristezza), che rappresentano le resistenze, le doglie del parto del nuovo essere che stai diventando. Continuando a volgere lo sguardo dentro, in profondità, sentirai in breve tempo sorgere proprio da lì l’amor di te, la gioia, l’autostima e tutto ciò che sei abituato a cercare fuori, nel mondo, invano.