Il premio Nobel per la pace esiste dal 1901 e, da allora, ha premiato cittadini e istituzioni che si sono posti in prima linea nella lotta per i diritti sociali e internazionali, senza ricorrere alla violenza.
Scorrendo brevemente la lista dei vincitori e le motivazioni del Premio loro assegnato, sembra di trovarsi davanti agli occhi un riassunto efficace di quel che è stato il secolo scorso: prima vennero premiati i presidenti delle grandi organizzazioni nate per salvaguardare la pace e realizzare il disarmo in USA ed Europa, poi le istituzioni non governative come la Croce Rossa, poi coloro che lottavano contro l’Apartheid e la segregazione razziale in USA, poi gli attivisti per i diritti degli indigeni in Sudamerica; poi, ancora, coloro che si sono impegnati per la pace in Medio Oriente e per i diritti sociali nei Paesi in via di sviluppo.
In un mondo che sembra vivere una corsa agli armamenti generalizzata, ricordare i meriti dei grandi pacifisti di ieri è quantomai salutare. Ma che dire degli ultimi premi Nobel per la pace? Da dove vengono e di cosa si occupano? Come contribuiscono a creare un mondo più giusto? Conosciamo alcuni di loro.
Il tema che accomuna Maria Ressa, filippina-statunitense, e Dmitry Muratov, cittadino russo, è la lotta per la libertà d’informazione. La Ressa si è distinta, nello scorso decennio, per la lotta contro la disinformazione promossa dal presidente filippino Rodrigo Duterte, intraprendendo una vera e propria battaglia contro le fake news che le ha costato la condanna e il carcere. Muratov è stato cofondatore e poi direttore del periodico russo indipendente Novaja Gazeta, che ad oggi ha dovuto sospendere le pubblicazioni per via della nuova legge varata nel suo Paese dopo l’inizio della guerra contro l’Ucraina ma negli anni si è distinto per una lotta continua e consapevole contro le fake news promosse dal governo e contro la corruzione.
Yousafzai, pakistana, classe ‘97, è nota come la più giovane vincitrice del premio Nobel per la pace. A soli 17 anni, quando ricevette questo importante riconoscimento, l’attivista e blogger era già conosciuta per i suoi sforzi per il diritto all’istruzione nel proprio Paese. Malala lotta contro il regime dei talebani pakistani da quando ha solo 13 anni. Presto nominata per l'International Children's Peace Prize, ha attirato su di sé l’attenzione di ammiratori e detrattori: nel 2012 è stata gravemente ferita in un attentato a lei diretto mentre stava uscendo da scuola. «Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è l’istruzione. E non ho paura di nessuno» ha affermato, e in un Paese dove il diritto delle donne ad istruirsi è continuamente messo a rischio le sue parole assumono un valore ancor più alto.
Il filo rosso che accomuna questi attivisti, congolese lui e irachena lei, è la lotta contro la tratta degli esseri umani e in particolare l’impegno per porre fine alle violenze sessuali su sfondo bellico. Mukwege è un medico ginecologo che, nel corso degli anni, si è specializzato nella cura delle lesioni interne riportate dalle donne vittime di stupro. La sua esperienza continua e diretta dei dolori non solo psicologici delle vittime lo ha portato a sensibilizzare in modo inesausto l’opinione nazionale e internazionale su questa piaga sociale. Nadia inveceè una donna che, questa esperienza terribile, l’ha vissuta in prima persona: rapita e resa schiava dai militanti dell’Isis nel 2014, è stata ripetutamente picchiata e violentata. Ma non ha voluto tacere, e si è anzi fatta portavoce delle vittime della tratta degli esseri umani. Oggi è ambasciatrice ONU e si occupa in particolare dei diritti dei rifugiati.
Le storie di questi “cercatori di pace” sono, come abbiamo visto, strettamente collegate ai temi più caldi della contemporaneità: lottano per i diritti delle donne dove sono ancora negati, per un’informazione libera e indipendente e per la cessazione della tratta degli esseri umani. Anche grazie alle loro voci l’opinione pubblica di tutto il mondo ha potuto toccare le conseguenze devastanti della violazione dei diritti basilari.