Quando ci si ritrova in famiglia per Natale o per Pasqua, la domanda che i single si sentono rivolgere più spesso è: “Ancora non hai trovato un fidanzato/a?”. Questa forma (anche bonaria) di pressione da parte dalla famiglia inizia di solito in giovane età ma raddoppia la sua potenza una volta che il figlio o il nipote single ha superato i trent’anni. E alla famiglia si unisce, naturalmente, l’intera società che vede il single come una persona quantomeno curiosa, se non proprio dotata di qualche forma di stranezza in negativo.
Se questa sorta di discriminazione pesa su tutti, a farne le spese sono soprattutto le donne. Il richiamo, poco gradevole se non apertamente offensivo, all’orologio biologico che avanza con la conseguente necessità di sistemarsi e fare figli prima che sia troppo tardi è duro a morire.
Le donne che, in virtù del loro essere single o per altre cause, superano l’età fertile senza avere avuto figli sono spesso oggetto di critica da parte delle altre: viene loro imputata una certa incapacità di comprendere a fondo la vita, una incompletezza esistenziale che alle soglie della vecchiaia si farà sempre più acuta e temibile.
Sia sui maschi che sulle femmine single, inoltre, pesa una considerazione negativa riguardo alla maturità personale: sembra che chi non ha un partner sia più infantile degli altri, a prescindere dall’età anagrafica o dal bagaglio di esperienze accumulate. Questo li porta, a volte, a subire un trattamento differente dagli altri sul posto di lavoro: poiché non hanno una famiglia, dovrebbero accettare serenamente di fare gli straordinari al posto dei colleghi coniugati. Come se il loro tempo non fosse importante quanto quello degli altri.
Ora, è chiaro che non tutti i single lo sono per una “scelta di campo”: molti vorrebbero trovare l’anima gemella, ma si rifiutano di gettarsi in relazioni insoddisfacenti pur di non farsi vedere soli. Permane però in loro una certa sensibilità all’ansia sociale eteroindotta: si trovano a dover difendere la propria solitudine quando soli non vorrebbero essere. Da qui senso di inferiorità, insoddisfazione, tristezza e un tacito assenso alle pressioni altrui.
L’idea che si possa ottenere la pienezza esistenziale e dunque la felicità solo vivendo in coppia è semplicemente frutto di una convenzione. Per quanto amare ed essere amati sia un bisogno psicologico reale, non è solo in coppia che può essere appagato. E se parliamo di maturazione personale, sappiamo quanto i percorsi individuali siano tutti validi nella loro diversità. Ecco perché bisognerebbe aumentare l’informazione e la sensibilizzazione affinché si smetta finalmente di discriminare e colpevolizzare i single.
Che la mancanza di un legame di coppia sia dovuta alle vicende personali o a una scelta consapevole, dobbiamo sempre ricordare che ogni status sentimentale può essere altrettanto valido e garantire una vita piena, se accettato consapevolmente e ben gestito.