Amarsi davvero significa accettare ogni parte di sé, ma spesso è più facile amare la propria anima rispetto al proprio corpo. L’anima è in gran parte nascosta e inafferrabile: solo noi la conosciamo, e nemmeno per intero. Il corpo invece ha un peso, un’altezza e un’età e si propone costantemente agli sguardi altrui. Se l’anima è profonda e stratificata, il corpo è un dato certo e incontestabile. Anche se cerchiamo continuamente di modificarlo (mortificandolo, spesso e volentieri), non è possibile negarlo, non è possibile evadere da esso.
Amare il proprio corpo è, per molti, un lungo percorso. Si comincia da adolescenti, quando hanno luogo i cambiamenti più drastici, e si finisce di solito in età matura, dopo aver fatto i conti con i segni dell’età. Anche se il corpo cambia e richiede di essere compreso e accettato in diversi stadi della vita, però, non è mai troppo presto o troppo tardi per far pace con esso, cominciando ad amarlo senza riserve.
Il corpo non è solo vittima dell’età, delle malattie, degli infortuni che capitano lungo il percorso, ma è anche vittima della moda: canoni estetici, continuamente mutevoli ma immancabilmente rigidi, ci dicono come dovrebbe essere, quanto dovrebbe pesare, quali colori dovrebbe avere e quante rughe o smagliature siano tollerabili. Adeguarci o meno ai canoni estetici correnti è una scelta personale e del tutto legittima: il problema è che spesso non sappiamo se stiamo davvero scegliendo noi o se, piuttosto, siamo condizionati da fattori esterni.
Sembra sempre che nel corpo ci sia qualcosa di indegno. Viviamo da secoli in una costante guerra di corpi, che in tempi remoti dovevano essere tormentati per raggiungere la sapienza spirituale e oggi devono essere modificati per raggiungere l’avvenenza mondana. Perché, invece, non possiamo semplicemente smettere di combattere contro il corpo imparando ad ascoltarlo e a prendercene cura?
Alcune persone sentono la necessità di modificare il proprio corpo, anche ricorrendo a pesanti interventi chirurgici, per adeguarlo alla propria vera identità. Non è questo il problema. Il problema è quando sentiamo che il nostro corpo non è abbastanza bello per essere accettato, apprezzato e amato. Infatti noi amiamo con l’anima, ma anche col corpo: aprirsi al contatto con l’altro significa esporre la propria nudità e accettare quella altrui senza riserve, imparando a conoscere e apprezzare ogni particolare.
Odiare i nei, le cicatrici o i piccoli accumuli di grasso significa odiare una parte di sé che è costantemente in un dialogo intimo con un potenziale partner. Ma siamo sicuri che il nostro disagio derivi dal fatto che una cicatrice non ci rappresenta o non sia, piuttosto, mediato da quella serie infinita di creme, trattamenti o rimedi che vediamo pubblicizzare ogni giorno?
Non raggiungeremo mai veramente l’autostima di cui abbiamo bisogno se non impareremo a conoscere, apprezzare e coccolare il nostro corpo, anche nei suoi particolari fuori norma. Questo non vuol dire diventare pigri: allenare il corpo per mantenerlo in forma è esattamente il contrario che volerlo punire per la colpa di essere diverso.
Nel cammino psicologico, accettarsi vuol dire anche accogliere la possibilità del cambiamento, e col corpo è lo stesso. Ma se il percorso riesce bene, si scoprirà che le cose da cambiare sono decisamente meno di quanto sembravano all’inizio. Lo stesso accade quando ci innamoriamo: scoprendo pian piano l’altro ci accorgiamo che non vorremmo rinunciare a nessuno dei suoi pregi, ma nemmeno ai suoi cosiddetti difetti.