Avete sentito tutti la frase “un battito d’ali di una farfalla in Brasile può provocare un uragano in Texas”. Sembra tutt’al più una bella metafora, invece da quando un meterologo e scienziato, Edward Lorenz, la pronuciò negli anni ’70, è nato un campo della scienza chiamato “teoria del caos”. Dovevamo arrivare fino ai fatti odierni per accorgerci tutti che non è una metafora, ma una descrizione piuttosto precisa di come funzionano le cose. Anche se forse noi la frase l’abbiamo intesa in un altro modo, e cioè: basta uno starnuto in Cina per provocare un cataclisma in tutto il mondo!
Cosa abbiamo imparato in questi mesi? Prima di tutto che ogni nostra azione conta, è importante. E poi che ognuno di noi è legato a tutti gli altri: il virus ci ha ricordato un “codice” fondamentale della vita, cioè l'immediata dimensione planetaria di ogni nostro singolo gesto. Prendersi cura di sé equivale allora a prendersi cura di tutto il mondo, di tutta la vita! Ecco perché è importante farlo. In ognuno di noi è presente tutta la vita del mondo. Proprio questa consapevolezza può essere il nostro “punto di ripartenza”, ora che il lockdown necessario a fermare il contagio inizia ad allentarsi. Insomma, quali sono gli atteggiamenti mentali che possono trasformare la ripartenza in una rinascita e quali invece rischiano di farci girare a vuoto? Scopriamolo insieme.
2. Non farti sommergere dalle preoccupazioniÈ normale, nei momenti difficili, provare emozioni come paura, ansia, rabbia…"Mi ammalerò, non ce la farò a superare quello che è accaduto, nessuno ci aiuta, niente tornerà come prima..." Quello che occorre però imparare è “cosa fare” con queste emozioni. Se le consideri un pericoloso intruso da scacciare al più presto da te, inizierai a compiere azioni del tutto inutili e controproducenti, come ad esempio assaltare il supermercato per paura di restare senza cibo, pensando così di “risolvere il problema”. Ma non funziona e il giorno dopo sarai d’accapo. Perché non c’è “un problema”, c’è un’emozione che emerge da dentro, che l’evento esterno ha solo innescato, e ora vuole essere guardata. Perché? Per allargare la tua consapevolezza di cosa abita in te. La risposta allora non è, appena arriva un’emozione dolorosa, “fare qualcosa”! È, al contrario, “non fare niente”, non agire (wu-wei, dicono i Taoisti), cioè chiudere gli occhi, guardarla arrivare, riconoscerla e dirle: "Vieni paura, vieni sorella, siediti qui accanto a me, dentro di me". Se fai così, vedrai che il tuo essere si allarga e assieme alla paura si affacciano altre emozioni come la dolcezza, l’amore, la riconciliazione, la voglia di fare, il desiderio di stare bene e di fare ciò che ti piace. Tutte le emozioni sono collegate dentro di noi: guardare quelle spiacevoli senza volerle scacciare è necessario per diventare ciò che siamo davvero.
Quando ripartire diventa difficile? Quando diciamo a noi stessi che la nostra vita sarà sempre uguale. Ripartire non vuol dire aspettarsi di tornare alla vita di prima, altrimenti ogni scostamento da quel “programma” ci getterà nel terrore. È invece rimanere aperti e flessibili rispetto all’esterno, centrati solo su una bussola interna, che non dipende da nulla. Per farlo occorre scoprire cosa ci fa davvero fiorire e metterlo al centro delle nostre giornate. Questo tempo di sospensione e di relativa solitudine è un’occasione unica per ascoltare noi stessi, per distinguere ciò che ci manca davvero da ciò di cui possiamo fare a meno, cosa ci fa felici e cosa è un peso. Approfittiamone!
4. Non parlare con tutti di ciò che provi“Se ne parli, starai meglio” è un falso mito da sfatare: più parli del trauma che hai vissuto con tutti, più lo fai diventare grande e lo rendi insuperabile. E inoltre rendi artificiali i rapporti, non autentici, perché “usi gli altri” per sfogarti. Se poi la cosa è reciproca, create un vortice di chiacchiere e pensieri negativi che vi assorbirà impedendovi di vedere oltre e di ripartire! Cosa serve invece? Il silenzio. Nomina dentro di te, una volta sola, ciò che ti fa star male e poi affidalo al mondo interno: lui sa già come trasformare questo seme in una bellissima pianta.
I grandi saggi del pensiero ebraico chiamano l’insicurezza "la Santa Insicurezza", perché insegna all’uomo ad affidarsi a qualcosa di più grande dell’Io e delle sue sicurezze, cioè alle energie della vita. I momenti di crisi spesso sono un duro colpo per l’orgoglio: l’idea di poter avere il controllo su di te e sulla vita crolla ed entri in contatto con la tua fragilità. Ma questa consapevolezza è il primo passo per liberarsi delle vecchie convinzioni e iniziare a pensare fuori dagli schemi. L’evento traumatico rompe un equilibrio consolidato e ti mette di fronte all’incertezza del nuovo. Dentro la crisi e il caos che stai vivendo sono presenti energie feconde che ti portano verso un nuovo adattamento. L’incertezza ti chiede di muoverti al di fuori dei soliti sentieri