Nel corso della nostra vita ci relazioniamo con moltissime persone, ma solo poche di loro diventano nostri amici e, ancora meno, nostri partner. Molte discipline, come la psicologia o la filosofia, hanno provato a studiare cosa ci spinga a scegliere una persona invece che un’altra. Attualmente, esistono moltissime teorie al riguardo: alcune sono complementari, altre addirittura in contraddizione tra di loro.
In generale, quel che è evidente è che la bellezza è un aspetto a cui badiamo. Difatti, l’industria della bellezza, che comprende i cosmetici, la chirurgia estetica, la moda, ecc., smuove una enorme quantità di denaro, ma l’interesse per la l’estetica esiste da sempre; infatti, ci sono un’infinità di culture in cui il corpo viene adornato con trucchi, collane, tatuaggi o piercing.
Charles Darwin, nel suo libro “The Descent of man, and selection in relation to sex”, ha affrontato il tema della bellezza umana dal punto di vista biologico. Basandosi sui commenti di alcuni missionari britannici, cercò dei modelli di bellezza comuni a tutti gli esseri umani e concluse che prototipi del genere non esistevano. Tuttavia, studi successivi hanno dimostrato che individui di diverse culture, classi sociali, età e razze condividono uno stesso senso estetico della bellezza umana. Ma la bellezza è l’unico criterio con cui scegliamo il nostro partner?
Non si direbbe; secondo la teoria della biologia evolutiva classica, quando è il momento di scegliere il proprio partner, le donne valorizzano i benefici utili che l’uomo può apportare mentre gli uomini ricercano la bellezza, la fertilità e la capacità riproduttiva.
Tuttavia, esistono altre teorie, come per esempio quella secondo cui è il DNA a condizionare le nostre decisioni quando dobbiamo scegliere il partner. Neil Rish, dell’Università della California, ha studiato gli effetti della scelta del partner sull’albero genealogico di individui messicani e portoricani. Le analisi del DNA hanno rivelato che le coppie attuali condividono gli stessi antenati e che anche le generazioni precedenti hanno seguito lo stesso impulso genetico.
Il professor Noam Shpancer, dell’Università di Otterbein, sostiene che, alla base della scelta di un partner, esista una serie di leggi dell’attrazione e sono le seguenti:
La legge della familiarità. Secondo questa legge, il contatto frequente con una persona genera affetto e rende probabile un nostro innamoramento. Quanto più tempo passiamo con una persona, più possibilità ci sono che questa ci piaccia.
La legge dell’attrazione fisica. Anche se passiamo molto tempo con una persona, questa non riuscirà a piacerci se non la troviamo attraente. Per questo, il fisico è un fattore determinante. In principio, nessuno è disposto a passare la vita con qualcuno da cui non è fisicamente attratto.
La legge della personalità. Gli esperti hanno riscontrato che ci sono due tratti della personalità che, più di altri, rendono un individuo attraente: la competenza e la tenerezza. Per competenza s’intende il livello di intelligenza e le abilità sociali, e per tenerezza la capacità di essere affettuosi e affabili.
La legge della vicinanza. Tutti sappiamo che, in una relazione, la lontananza rende le cose piuttosto complicate e, a lungo andare, se la coppia non si riunisce, la distanza segnerà la fine del rapporto. Perciò, è normale che, come partner, scegliamo una persona che ci è fisicamente vicina, che vediamo spesso e con cui possiamo instaurare un rapporto.
La legge della somiglianza. Secondo diverse ricerche, siamo attratti da persone che sono come noi. Tendiamo a cercare un partner con cui condividere passioni, valori e inquietudini. Se possiamo scegliere tra più persone, prediligiamo qualcuno che abbia delle cose in comune con noi rispetto a un individuo molto distinto.
Quello che ci attrae è sempre un aspetto di familiarità, qualcosa che faccia risuonare in noi una simpatia per la persona individuata. A livello fisico, ci sono delle cose che ci attraggono dell’altro, che richiamano alla memoria qualcosa che ci faccia sentire a casa. Questo inganno attira l’attenzione nei confronti di un viso piuttosto che un altro, una sorta di sezione aurea. Quindi, una volta individuato il nostro altro/familiare facciamo il primo passo, ovvero il corteggiamento: voce dolce postura equivoca, bella presenza, che presto cede il posto all’innamoramento, fase in cui si vuole condividere con l’altro tutto, anche la vicinanza fisica, la passione, l’idillio. Infine, si passa all’amore vero e proprio ovvero intimità, complicità, progettualità, e in questa fase il legame di attaccamento si è consolidato, di conseguenza si attua una interdipendenza emozionale e la base sicura.
Solitamente, si tende a riproporre nella coppia il tipo di attaccamento avuto con i genitori, e avendo scelto una persona affine alle proprie attitudini è facile che questa cosa possa accadere. Insomma, se si dovesse avere un attaccamento sicuro, si ha un’ottima intimità e affinità, ci si sente a proprio agio mostrandosi realmente per quelli che si è. Al contrario, se l’attaccamento fosse ambivalente si potrebbe avere un amore maniacale, nevrotico, eterno innamoramento contrapposto alla perdita di amore allo stesso tempo e bassa fiducia in se stessi. Con un attaccamento evitante i due membri della coppia evitano accuratamente il coinvolgimento affettivo, per questo il legame è definito circospetto.
Ad ogni modo, qualsiasi tipo di legame si manifesti nella coppia, ciò che conta è vivere quell’amore, perché solo vivendolo si può capire se porta in sé il segreto magico dell’eternità.