L'afefobia, detta anche aptofobia (dal greco: "apto", toccare, e "fobos", paura), è un tipo di fobia decisamente duro da affrontare. Chi ne soffre, infatti, prova repulsione, fastidio o addirittura dolore e paura quando si trova a sperimentare un contatto fisico. Queste sensazioni possono essere vissute se si riceve un tocco anche involontario, ma persino quando si è costretti a toccare qualcuno di propria iniziativa.
A volte questa fobia riguarda solo le persone del sesso opposto, a volte si estende a entrambi i sessi. In alcuni casi si accompagna all'agorafobia (paura degli spazi aperti e della folla) perché in certi contesti aumenta la possibilità di essere toccati.
Il fastidio dato dal contatto fisico può essere leggero (a questo stadio è piuttosto comune) oppure può sfociare in un disgusto intenso o in dolore psicosomatico (e in tal caso costituisce un grosso handicap).
Spesso l'afefobia viene scambiata per timidezza, ma nel caso in cui il disagio sia particolarmente forte la causa non è da ricercarsi in una naturale ritrosia, bensì in un trauma.
Cosa origina l'afefobia? Per la maggior parte delle persone, l'origine del problema è da ricercarsi in una carenza di affetto (che normalmente viene espresso tramite il contatto fisico) negli anni dell'infanzia, oppure in un trauma da aggressione sessuale. Come riportato dal sociologo canadese Michel Dorais, infatti, molti bambini vittime di violenza sessuale sviluppano afefobia, somatizzando in questo modo il loro trauma.
La fobia legata al contatto comporta essenzialmente un problema di fiducia. Si rifugge dal tocco dell'altro perché si teme che comporti sempre un'aggressione, la violazione del proprio spazio vitale e un'intrusione violenta nella propria sfera fisica.
Per questo è molto importante, per chi ha questa fobia, intraprendere un percorso interiore volto a recuperare la serenità persa, oltre al circondarsi di persone degne di fiducia dalle quali imparare ad accettare il contatto fisico, quantomai necessario per la sopravvivenza emotiva degli esseri umani.
Ognuno di noi stabilisce, nel suo privato, dei limiti al contatto da parte degli altri. Sono stati più volte studiati da sociologi e antropologi i livelli di accettazione del tocco altrui, declinati con infinite variabili tra cui la cultura di appartenenza, il grado di vicinanza emotiva, il genere di chi tocca e di chi è toccato: i casi sono innumerevoli e ognuno stabilisce le regole a modo suo. Avrete conosciuto anche voi persone estremamente "toccaccione", come si dice in gergo, e non sempre avrete apprezzato i loro slanci fisici. Eppure occorre ricordarsi che la questione è sempre dipendente dai livelli di fiducia reciproci, in un senso che è ben più alto del semplice contatto tra due corpi.
Occorre quindi indagare la propensione al contatto di ciascuno di noi e riflettere su "cosa ci racconta": quanto ci fidiamo di chi abbiamo intorno? Quanto siamo disposti a lasciarci andare con il nostro partner? Quanto invadiamo fisicamente i nostri amici e conoscenti, e che cosa significa tutto questo all'interno della nostra rete sociale?