L'educazione che ci è stata data, l'esempio dei genitori che hanno camminato nel mondo prima di noi e ci hanno mostrato dove andare (in modo giusto o sbagliato), le opportunità che abbiamo avuto o che ci sono state negate: tutto questo è l'eredità familiare; qualcuno la vive come una ricchezza da custodire e perpetuare e qualcun altro la nega, la vorrebbe allontanare da sé.
Secondo una ricerca commissionata recentemente dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e culminata in un libro dal titolo eloquente, L'immobilità diffusa, ancor oggi nel nostro Paese la famiglia condiziona in modo determinante le prospettive di crescita, istruzione e lavoro dei giovani. In particolare, a fare la differenza sembra essere la ricchezza dei genitori: i ragazzi più economicamente fortunati ottengono voti migliori a scuola, scelgono istituti più prestigiosi, trovano lavori migliori e sono più protetti contro gli insuccessi. Questo perché sostenuti dai cosiddetti "legami forti", quelli familiari, che sembrano essere ancor oggi molto più potenti degli "legami deboli" garantiti dagli amici e dai conoscenti.
Se parliamo di eredità in senso materiale ed economico, ci rendiamo conto che questa conta (purtroppo) ancora molto e non smette di creare divisioni. Ma è solo questa l'eredità che i genitori ci lasciano?
Certo che no. C'è un'altra eredità con la quale tutti, ricchi e meno ricchi, istruiti e meno istruiti, dobbiamo avere a che fare per tutta la vita: quella dei sentimenti, degli atteggiamenti, dei valori, delle tare, dei talenti, delle malattie.
Gli psicologi sanno che i figli dei genitori depressi hanno più possibilità di diventarlo, mentre i figli di genitori equilibrati hanno l'opportunità di divenire facilmente persone a loro volta "sane", proprio come avviene per le malattie organiche che si trasmettono di padre in figlio. Ma la questione, stavolta, non è solo clinica: tutti i genitori ci lasciano un insieme di valori e visioni del mondo che dobbiamo scegliere se accettare o respingere. Questo momento, che si attraversa da adolescenti ma non smette di pesare anche in età adulta, è certe volte drammatico ma sempre necessario.
Il "chi voglio essere", la decisione se mantenere l'eredità familiare o cambiare strada, non investe solo l'ambito lavorativo ma, molto spesso, anche quello sentimentale e amoroso. Qualcuno potrebbe sentirsi intrappolato, condannato, dal modo di vivere la sfera amorosa e relazionale della propria famiglia! L'esempio dei genitori e del loro modo di amare è ciò che abbiamo di fronte ogni giorno negli anni della nostra infanzia e perciò è abbastanza normale ripetere da adulti ciò che abbiamo visto succedere tra loro. Ripeterlo e ricercarlo nei nostri partner, magari incontrando anche delusioni, oppure negarlo con rabbia (gli opposti talvolta sono decisamente vicini).
Ciò che è importante è considerare l'eredità, qualunque sia, sempre una ricchezza e mai una condanna. Anche se non sempre ci piace ciò che abbiamo ricevuto, possiamo farne lo stimolo per riflettere sulla vita e sull'amore e per scegliere di prendere altre strade.
Gli antichi greci credevano che esistesse una sorta di destino familiare, per cui i figli erano investiti delle glorie e delle colpe di chi li aveva preceduti. Oggi sappiamo che non è così e che non dobbiamo per forza rifiutare il passato per sentirci in diritto di disegnare il nostro futuro. Che l'esempio dei nostri genitori e del loro modo di amarsi ci piaccia o non ci piaccia, facciamone tesoro per scegliere liberamente della nostra vita.