La didattica a distanza, la lontananza dagli amici, il vivere prevalentemente a casa, ormai diventato lo spazio vitale dentro al quale costruire la propria quotidianità, hanno contribuito a creare, specie nei giovani, sofferenza e disagio che, molto spesso, si sono tradotti in disturbi alimentari, soprattutto in anoressia nervosa.
Gli esperti spiegano quali sono i campanelli di allarme. Il dott. Erzegovesi, primario del Centro per i Disturbi Alimentari dell’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro riferisce che alcune persone, specie adolescenti, che in passato avevano già sofferto di anoressia, bulimia o disturbo da Binge Eating (disturbo da alimentazione incontrollata) hanno avuto delle ricadute. Allo stesso tempo, anche chi non soffriva di questo genere di disturbi ha iniziato a svilupparli.
I disturbi alimentari sono determinati da diverse concause di natura biologica, psicologica, sociale sui quali agiscono altri fattori scatenanti come situazioni particolari di stress – spiega Carmela Bagnato, segretario Adi – Il lockdown ha favorito, soprattutto nei ragazzi, l’instaurarsi di alcuni di questi fattori scatenanti quali l’isolamento sociale, le incognite sul rientro a scuola, i dispositivi e le regole di prevenzione, il distanziamento forzato dai loro coetanei, la paura del contagio che si associa spesso alla sensazione di non avere il controllo della situazione. Tutte le condizioni menzionate conducono ad un aumento delle restrizioni alimentari o, all’opposto, a un aumento degli episodi di alimentazione incontrollata, portando a una maggior concentrazione sull’immagine di sé, lasciando più tempo a disposizione per riflettere e porre maggior attenzione al corpo (e quindi al cibo e all’attività fisica) e all’emergere di comportamenti disfunzionali (sia in eccesso che in difetto)”- aggiunge Bagnato.
I disturbi alimentari se non riconosciuti in tempo e non curati in modo appropriato possono diventare cronici e nel peggiore dei casi portare alla morte – sottolinea Massimo Vincenzi, componente per Adi del Tavolo Tecnico del Ministero della Salute per la riabilitazione nutrizionale dei disturbi alimentari – Sia le persone obese che le persone sottopeso con un disturbo alimentare hanno normalmente un rischio maggiore di sviluppare complicanze mediche associate alla malnutrizione; tali rischi potrebbero aggravarsi in presenza di Covid-19. Rischi che inducono a ripensare e rivedere le strategie terapeutiche nell’ambito dei DA in questo lungo e difficile periodo e a intensificare i trattamenti psicologici, cercando, per quanto possibile, di dare il massimo spazio a terapie virtuali intensive”. È utile sottolineare che i disturbi alimentari non sono scelte di vita più o meno bizzarre, ma importanti disturbi mentali che possono indurre chi ne è affetto ad assumere limitatissime quantità di cibo o viceversa ad abbuffarsi in modo incontrollato.
Nell’anoressia, per esempio, al di là del mangiare poco, le giovani ragazze si concentrano sulla dieta esercitando una forma di controllo ossessivo del cibo. La perdita di peso viene vista come una soluzione ai propri problemi (“finalmente riesco a controllare completamente un aspetto della mia vita”). Con il tempo, tuttavia, la magrezza induce un cambiamento dello stato mentale, trasformandosi in un’ossessione vera e propria.
Solitamente, l’anoressia arriva tardi all’attenzione del medico, perché i primi sintomi anoressici evolvono lentamente; tuttavia, è bene segnalare che dall’inizio della pandemia l’evoluzione della malattia è più rapida, accelerando nella fase iniziale.
Il percorso di cura può essere lungo e complesso. L'anoressia nervosa, infatti, richiede spesso un ricovero prolungato, dalle 4 alle 6 settimane, per ripristinare il peso e stabilizzare dal punto di vista medico e psichiatrico le pazienti. Le ragazze sono seguite da équipe multidisciplinari composte da psichiatri, neuropsichiatri, psicologi, nutrizionisti, che si occupano di loro a 360 gradi attraverso: riabilitazione nutrizionale; terapia psicologica, individuale e famigliare; terapia psicofarmacologica specifica, laddove necessaria.
La diagnosi precoce e il trattamento multidisciplinare sono le uniche strade da percorrere per contrastare l’aumento di queste patologie. Una diagnosi di disturbo alimentare è una situazione di straordinaria rilevanza che sconvolge il funzionamento personale dei pazienti e del gruppo familiare. Per questo le figure parentali possono diventare valide alleate dei pazienti e degli operatori durante il percorso di cura, se sostenute ed indirizzate adeguatamente soprattutto in un periodo difficile come questo.