Si narra che un re un po’ ottuso governasse il suo regno con giustizia solo grazie a un saggio consigliere che lo seguiva sempre. Sebbene non fosse particolarmente intelligente, il re lo era abbastanza da capire che senza il consigliere non avrebbe potuto governare né vivere bene come faceva. Tanto era legato al consigliere che seguiva sempre i suoi dettami pure nella vita privata, anche se si arrabbiava molto ogni volta che di fronte a una sventura egli diceva: “In fondo è un bene”.
Una mattina il re cadde e si fece male a un braccio. Prima ancora di invocare sua moglie, gridò ai valletti di andare a chiamare il consigliere. Questi vide il braccio del re pieno di ematomi e disse: “Mio signore, questo è un bene”. Il re si adirò moltissimo e comandò, in un impeto di rabbia, che il consigliere fosse incarcerato per oltraggio. “Anche questo è un bene” disse il consigliere, con il solo effetto di farlo arrabbiare ancora di più.
Il re trascorse a letto una settimana, sentendo che il braccio dolorante gli impediva di andare a cavallo e svolgere le sue abituali attività. Alla fine di questo periodo, sentendosi meglio, la prima cosa che fece fu andare a fare un giro a cavallo.
Quando uscì in sella al destriero sentì una grande gioia, tanta da restare inebriato. Corse e corse senza pensare a dove andava, spingendosi oltre i confini del suo regno. A un certo punto, nel bosco, una cerva dal manto bianco catturò la sua attenzione e iniziò a seguirla: non si rese conto che l’avrebbe portato in un territorio molto pericoloso, abitato da una tribù fiera e ostile!
Quando i guerrieri della tribù videro il re a cavallo da solo lo circondarono e lo catturarono, per poi allestire un grande fuoco dove ucciderlo, sacrificandolo ai loro dèi. Ma quando lo spogliarono e si accorsero degli ematomi ancora presenti sul braccio fecero subito un passo indietro: “la vittima non è pura!” gridarono e lasciarono andare il re che tornò libero a casa.
Ripensando alla sua avventura il re si accorse di essere stato molto fortunato: se il suo braccio non fosse stato ancora gonfio e bluastro lui sarebbe stato ucciso. Capì allora che il consigliere aveva avuto ragione: la caduta era stata un bene. Pentito, liberò il prigioniero e lo convocò a sé per chiedergli scusa.
“Non dovete sentirvi angustiato” disse il consigliere “la mia prigionia è stata un bene”. “Come puoi dire ciò?” chiese il re.
“Mio sovrano, se non fossi stato imprigionato mi sarei trovato come al solito al vostro fianco. E quando avrebbero liberato voi, probabilmente avrebbero sacrificato me perché avevo il corpo sano. Dunque è stato un bene che io abbia trascorso dei giorni in prigione, perché ora sono vivo!”.
La morale di questa storia è che troppo spesso traiamo conclusioni affrettate su ciò che ci capita. Come insegnano le storie morali orientali, taoiste e zen, qualsiasi avvenimento etichettato come negativo può rivelarsi positivo con l’andare del tempo. Il futuro si costruisce un momento alla volta e il significato profondo di ciò che accade oggi si rivelerà solo più in là. Chi è saggio accoglie ogni avvenimento come un potenziale bene, sentendo che potrebbe essere funzionale anche se ora non si comprende il perché.