Per poter pensare bisogna prima saper parlare? Da migliaia di anni si pensa di sì. Il filosofo greco Platone sosteneva – e non era l’unico- che il pensiero fosse una sorta di dialogo interno dell’anima con se stessa. Quindi senza un linguaggio, anche primitivo, conosciuto e interiorizzato non sarebbe possibile fare dei veri pensieri. Anche Noam Chomsky, il celeberrimo linguista, si inserisce nella linea di Platone e negli anni ’60 scrive: «se c'è un deficit grave nel linguaggio, ci sarà un deficit grave nel pensiero».
Recenti ricerche stanno però mettendo in crisi la teoria del pensiero come linguaggio. Secondo la neuroscienziata cognitiva Evelina Fedorenko, sulla scorta di uno studio durato più di 15 anni e pubblicato su Nature, il linguaggio non sarebbe necessario per pensare, quanto piuttosto per comunicare. Lo dimostrano le storie di persone che, a causa di danni cerebrali, hanno perso le funzioni linguistiche ma restano in grado di giocare a scacchi e fare calcoli.
I vecchi esami di imaging cerebrale, condotti negli anni passati, sembravano mostrare una coincidenza tra le aree del cervello deputate al pensiero e quelle deputate al linguaggio, ma secondo Fedorenko si trattava di un’illusione. Secondo i nuovi studi le aree cerebrali deputate al linguaggio si accenderebbero solo quando si fanno pensieri riguardanti il linguaggio stesso e non, ad esempio, quando si eseguono compiti di matematica o si risolve un puzzle. Anche se si è esposti a una lingua inventata il network del linguaggio non si attiva.
Secondo Fedorenko e il suo team, insomma, il linguaggio servirebbe principalmente per comunicare e solo parzialmente per pensare; anche se la scienziata stessa ammette che disfunzioni nel linguaggio potrebbero comportare, come sostiene Chomsky, a una “non ottimizzazione” del pensiero.
Il dibattito, insomma, è ben lungi dall’essere concluso. Per trovare una mezza via si potrebbe sostenere che possedere un linguaggio è essenziale per produrre pensieri “verbali”, ma esistono altri tipi di pensiero che non hanno bisogno di linguaggio per attivarsi.
Questa diversità tra linguaggio e ragionamento spiega, secondo l’esperto di IA Kyle Mahowald, perché sistemi tipo Chatgpt sono così bravi nel produrre testi fluidi ma così poco capaci di eseguire compiti che richiederebbero un ragionamento. Proprio perché la macchina non può ragionare le sue funzioni restano fortemente limitate rispetto a quelle del cervello umano, nonostante l’abilità linguistica possa essere ottima.