Secondo uno studio del 2021, il 75% dei giovani ha paura del futuro a causa del cambiamento climatico e ben il 45% soffre della cosiddetta eco-ansia, un senso di tristezza profonda e di impotenza causato dalla crisi climatica e dall’inazione dei governi mondiali. In questo panorama desolante e desolato, sta però ultimamente prendendo piede una corrente di pensiero alternativa, il cosiddetto ottimismo climatico.
L’ottimismo climatico, lungi dall’essere un approccio negazionista della crisi ambientale, spinge a valorizzare ciò che si può fare per combattere il fenomeno anziché fare leva sulla disperazione. Questo modo di vedere riconosce l’estrema gravità dell’aumento delle temperature e dei disastri ambientali, ma vuole identificare i passi concreti che possono essere fatti per mitigare la situazione.
Il mondo che osserviamo ci dà ben poche ragioni per essere ottimisti, ma negli ultimissimi anni si stanno iniziando a fare piccoli passi avanti: il costo dell’energia solare, ad esempio, è sceso del 90% e quello dell’energia eolica del 70%. Tutto ciò non basta, ma per chi adotta l’ottica dell’ottimismo ambientale è possibile fare di più e forse invertire la rotta della crisi climatica.
Ma quindi vale la pena di essere ottimisti? Secondo chi persegue l’ottimismo climatico, sì: infatti l’eco-ansia può portare a una spirale di “depressione” che frena, raggela, impedendo di mettere in atto il giusto impegno per cambiare le cose. Invece un ottimismo ben calibrato, che non si faccia strumentalizzare dal green washing di molte aziende, può stimolare le persone a mettere in atto comportamenti virtuosi per l’ambiente.
Attenzione a non cadere, ovviamente, nell’ottimismo fine a se stesso, che al pari dell’eco-ansia ha il potere di frenare l’azione. Attenzione anche a non farsi abbindolare da chi vuol spacciare per “eco” prodotti e soluzioni che in realtà non lo sono. In definitiva, secondo gli ottimisti del clima, è necessario trovare un equilibrio, una via di mezzo costruttiva che guardi al futuro e si concentri su ciò che è possibile fare, più che sui disastri che sono già avvenuti e contro i quali non si può più agire.
Questa può essere la risposta ai tanti giovani che sentono forte sulla loro pelle il peso del cambiamento climatico, tanto da riportarne perfino danni psicologici: il climate change porta ai più sensibili disturbi d’ansia, depressione e persino disturbi da stress post traumatico quando si vivono sulla propria pelle disastri come le alluvioni. L’ottimismo climatico non è la panacea di tutti i mali, ma una “scossa” che può farsi motore di cambiamento positivo per le persone e le comunità.