Spesso, col tempo, la coppia diventa un grande contenitore di qualsiasi tipo di frustrazione, rabbia e contrarietà, riversate lì da entrambi i partner. Litigi e incomprensioni con i genitori? Il capo ci sta vessando e non possiamo reagire altrimenti perdiamo il posto? Un progetto non riesce a realizzarsi perché qualcuno ci sta ostacolando e non possiamo farci niente? La relazione di coppia diventa lo “sfogatoio” e il partner una sorta di capro espiatorio. E ciò accade proprio alle coppie migliori, quelle dove c’è più comprensione reciproca, che così si ritrovano sommerse da quintali di “spazzatura” capaci di soverchiare anche gli amori più forti.
Una coppia deve saper affrontare le difficoltà della vita, non può
vivere in un mondo magico.
Ma a volte davvero esageriamo: troviamo in essa così tanta capacità di
accogliere che finiamo per viverla come un “Genitore Superbuono” che tutto
sopporta e tutto supporta, e non ci accorgiamo che, così facendo, stiamo
ponendo le basi per perderla. Diventiamo davvero come quei figli
adolescenti che, scontrandosi con le difficoltà del mondo, tornano a casa
arrabbiati e se la prendono con i genitori, ben sapendo che, in ogni caso,
accetteranno tutte queste manifestazioni eccessive. Ma
la coppia non è un genitore. È un luogo che, già di suo, ha degli
equilibri delicati che vanno seguiti nel tempo, rinnovati, rielaborati.
Figuriamoci quanto essa può soffrire se la maggior parte del tempo e delle
energie vengono usate per affrontare le beghe (e le conseguenze emotive
delle beghe) che arrivano da fuori a getto continuo.
Tipico è il caso del partner che ha un rapporto irrisolto e molto
conflittuale con un proprio genitore. Egli sa che questo conflitto gli crea
tensione, malumore, frustrazione, e si accorge di portare tutto ciò
all’interno della coppia, non come consapevole tentativo di affrontarlo
meglio (magari insieme) ma come semplice sfogo: l’arrabbiatura che si ha
verso il genitore diventa aggressività verso il partner, impazienza e anche
giudizio pesante di inadeguatezza. La relazione e il partner pagano quel
che dovrebbe pagare il genitore. E forse proprio perché la persona ha
trovato qualcuno disponibile ad accogliere “maternamente” le sue
difficoltà, il conflitto col genitore ristagna per anni, mentre porta la
rovina nella coppia. Non poche separazioni provengono da schemi come
questo, e lasciano tanto amaro in bocca perché entrambi i partner
percepiscono che qualcosa di estraneo ha rovinato quel che poteva invece
funzionare.
Si può dire che la coppia sia una sorta di “primo figlio” dei due partner che la costituiscono. E, come ben sappiamo, verso i figli ci vuole il massimo di senso di responsabilità: non li si può esporre senza filtri ai pericoli e alle “scorie” che arrivano dal mondo esterno. Ecco quindi l’indicazione fondamentale: entrambi i componenti dovrebbero trattare la coppia come trattano i propri figli. Se ognuno dei due si prende la responsabilità di risolvere almeno una parte delle proprie questioni in modo autonomo oppure in modo serenamente condiviso col partner, la coppia resta quel punto di riferimento dinamico - e non un contenitore passivo - che era all’inizio.