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    Come si supera la paura di parlare in pubblico?
    Da dove nasce e come si supera la paura del “public speaking”? Scopriamolo insieme.

    Saper parlare in pubblico è, per molti professionisti, una necessità. Eppure, la paura di affrontare questo compito è tra le più diffuse in assoluto. Trovarsi al centro dell’attenzione mentre si è impegnati a esporre una propria tesi significa esporsi completamente al giudizio altrui. Mantenere la padronanza di se stessi mentre si è “sotto i riflettori” per qualcuno è naturale, ma per la maggioranza delle persone è una faticosa conquista. 

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    Secondo gli psicologi, la paura di parlare in pubblico è una forma di fobia sociale che può venire anche da lontano. Infatti, anche se quando pensiamo al “public speaking” immaginiamo un adulto che si alza e parla all’interno di una sala riunioni aziendale, in realtà la prima volta in cui dobbiamo sperimentare questa situazione è a scuola, tra i banchi, durante le interrogazioni. È possibile che il rimprovero di un professore, il riso di un compagno o qualsiasi altro evento sgradevole avvenuto a scuola si faccia sentire anche da adulti, quando è ora di esprimere la propria opinione in azienda. 

    Una brutta esperienza a scuola non è l’unico motivo per cui la paura di parlare in pubblico può scatenarsi: tale forma di fobia potrebbe anche essere innata. Non è così importante, in questo caso, capire come e dove si è originato il blocco: la cosa più importante è, invece, imparare attraverso strategie efficaci come superarlo. 

    In tutt’Italia è possibile accedere, dal vivo oppure online, a un gran numero di corsi di public speaking: a tenerli sono professionisti appositamente formati, ma anche counsellor e attori teatrali. Il compito di questi professionisti è insegnare, in base al loro bagaglio formativo specifico, trucchi e strategie per domare l’ansia ed evitare di perdere la lucidità mentre si parla. 

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    Il meccanismo che origina quell’insopportabile tensione in grado di farci perdere la testa mentre parliamo è ben noto agli studiosi: si tratta dei cosiddetti “pensieri automatici negativi”. Non sono, come dice il termine, veri e propri pensieri, ma sono associazioni automatiche che scorrono appena sotto la soglia della coscienza. Il loro contenuto, neanche a dirlo, è spesso catastrofico: queste “voci” che risuonano nella nostra testa mentre parliamo dicono che non siamo in grado, che falliremo, che verremo derisi per la nostra goffagine. È bene notare che i pensieri automatici sono formulati dalla nostra mente come se fossero dati di fatto, certi e insormontabili. 

    Come mantenere, allora, la lucidità necessaria ad affrontare un discorso, se siamo così impegnati ad ascoltare il ruminare della nostra mente e a giudicarci per ogni parola che diciamo? È molto difficile, chiaramente. Per questo molte strategie di public speaking sono basate sul focalizzare l’attenzione altrove, lontano da sé. 

    Gli esercizi utili per superare la fobia comprendono: 

    • Tecniche di respirazione per contrastare il respiro “alto” tipico dell’ansia. 
    • Supporto nella preparazione e nella memorizzazione dei discorsi per prepararsi adeguatamente. 
    • Strategie per deviare l’attenzione da sé e concentrarla sul compito da svolgere. 
    • Abilità vocali e gestuali per familiarizzare con il proprio corpo e la propria voce. 
    • Trucchi psicologici utili per frenare il panico. 
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    Infine, c’è l’abitudine: superare la paura di parlare in pubblico significa esercitarsi regolarmente, con e senza la presenza di altri. Se questa è una fobia tra le più comuni, migliaia di esempi di successo ci dimostrano quanto sia superabile.

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     Commenti (2)
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    1. paolo3654, Venezia (Veneto)
      Mettere giù il discorso per iscritto e impararselo a memoria. Non conosco altro sistema
    2. sottileconfine, Roma (Lazio)
      Certo è che se non s'infarcisce l'intervento pubblico con qualche parola in inglese, l'intervento è privo di mordente... come insegna l'articolo adottando il pubblic speaking. La lingua italiana è la più bella ed articolata del mondo, per non dover essere oltraggiata da termini anglosassoni che non aggiungono nulla a ciò che s'intende esprimere. Anzi si! Aggiungono il desiderio di chi li adotta di sembrare più in.
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