La serie adolescenziale cult Euphoria, lanciata da Sky nel 2019 e ancora in produzione, racconta la storia di un gruppo di adolescenti tra cui spiccano Fezco e Lexi, interpreti di una costante (o di uno stereotipo?) del piccolo e grande schermo: la storia d’amore tra una “brava ragazza” e un “bad boy”. Chi è stato adolescente nei primi anni 2000 ricorderà Babi e Step di Tre metri sopra il cielo, una vera e propria ossessione in quel periodo, così come nei decenni precedenti Brenda e Dylan in Beverly Hills e Danny e Sandy in Grease.
Al di là della finzione sembra però che storie simili abbiano un certo riscontro nella realtà, specialmente per i più giovani: capita che chi possiede una certa aria di persona “quadrata”, regolare e affidabile perda all’improvviso la testa per una persona dalla fama opposta, bersagliata dagli strali della sorte e con un passato difficile.
Se è vero che questo tipo di passione romantica coinvolge in particolar modo i giovani (curiosi e potenzialmente trasgressivi per definizione), sappiate che non ne è immune alcuna fascia d’età. Per capirci qualcosa di più, il periodico Vanity Fair ha di recente intervistato la psicoterapeuta Gabriella di Cosmo proprio su questo tema. Secondo lei l’attrazione fatale per il “bad boy” risponde in parte alla curiosità naturale che ciascuno di noi ha per il diverso, ma nasconde anche un’attrazione implicita per delle parti di sé che di norma sono tenute nascoste.
Insomma, siamo esseri complessi e multiformi e specialmente quando strutturiamo la nostra vita su criteri di efficienza, calma e soddisfazione costante delle attese altrui siamo sensibili a quel quid di mistero e di brivido che gli animi sregolati sembrano poterci regalare. Conquistare i favori del “bello e dannato” sembra un’impresa in grado di ridare ossigeno alla vita, portando energia ed entusiasmo dove regnava la noia.
Ma c’è di più: il ragazzo “cattivo” risponde ancora a quello che è il modello classico della mascolinità. Anche quando appare ferito, stanco della propria vita difficile e desideroso di cambiare, il bad boy cinematografico non si mostra mai debole: la sua reazione più tipica è la rabbia, non certo il pianto. È un eroe tragico, saldo e forte, sicuro di sé e per questo irresistibile.
Intendiamoci, questo non è certo un modello da difendere e i bad boys dei film lo mostrano chiaramente: questa mascolinità tossica, arcaica, si svela sempre come una corazza da superare per mostrare il lato tenero e sensibile altrimenti nascosto. In ogni caso, specialmente in giovane età, molte ragazze sono alla ricerca di un modello maschile “forte” per superare le insicurezze del cambiamento adolescenziale.
Secondo Di Cosmo, le storie tra “brave ragazze” e “bad boys” sono molto utili per crescere emotivamente, e non lo sono soltanto per gli adolescenti ma anche per gli adulti. Conoscere un modello di personalità che appare opposto rispetto al proprio consente, infatti, di analizzarsi nel profondo e capire chi si è veramente: l’altra persona, come uno specchio rovesciato, ci aiuta a riappropriarci di un lato ancora poco esplorato di noi e ci permette di sentirci più interi, più maturi.