La mente umana è un congegno estremamente complesso, ancora in parte sconosciuto. Oltre ai risultati che possiamo raggiungere attraverso il ragionamento, prendiamo ogni giorno migliaia di decisioni che sono dettate da meccanismi quasi automatici, subconsci. Il nostro cervello, grazie ai cosiddetti bias cognitivi, ci aiuta infatti a “saltare i passaggi”, a snellire i processi mentali… insomma, a non impazzire, sopraffatti dalla quantità esagerata di informazioni da analizzare e ponderare! È importante, però, essere coscienti per quanto possibile di come funzionano i bias cognitivi: anche se questi meccanismi biologici sono raffinatissimi, non è detto che ci conducano verso la decisione migliore, specialmente quando si tratta di qualcosa di importante!
Uno dei bias cognitivi meno conosciuti è l’effetto ancoraggio. Quando riceviamo una serie di informazioni su un argomento nuovo tendiamo a convincerci che la prima sia la più importante: in qualche modo “ancoriamo” la nostra conoscenza alla prima delle notizie che riceviamo, come se fosse una base sulla quale costruire il resto. Se la prima informazione appare così importante, è facile che influenzi le nostre scelte in un dato ambito. L’effetto ancoraggio riguarda tutte le circostanze della nostra vita, per esempio la ricerca di una casa: gli esperti sostengono che il primo immobile visitato da un potenziale acquirente costituirà, per lui, il punto di riferimento secondo cui valutare tutte le altre successive occasioni.
L’effetto ancoraggio riguarda tutti. Gli studi sembrano suggerire che abbia più presa sulle persone introverse rispetto a quelle estroverse, che sia influenzato dall’umore del momento e che sia meno “pressante” sulle persone acculturate o particolarmente intelligenti. Di fatto però, essendo un meccanismo universale, è impossibile non esserne influenzati nemmeno un po’.
L’effetto ancoraggio cambia il nostro atteggiamento in funzione dell’ancora: essa ha, quindi, un potere piuttosto grande. È però possibile che, nel corso del tempo, l’ancora si modifichi. Per esempio, il prezzo attuale degli smartphone sarebbe parso esagerato dieci anni fa: invece, piano piano, l’opinione comune e i prezzi medi si sono modificati inducendoci a dimenticare la prima “ancora”.
L’effetto ancoraggio non è negativo: di fatto, per prendere una decisione abbiamo bisogno di un punto di riferimento e non averlo sarebbe deleterio. Quando però occorre prendere decisioni molto importanti come l’acquisto di una casa è necessario “scollegarsi” dall’ancora se si vuole valutare lucidamente le opportunità.
L’effetto ancoraggio è molto usato nel marketing, ad esempio per la scelta dei prezzi. Perché i prezzi “a 99 centesimi” piacciono tanto ai negozianti? Perché la mente del potenziale compratore tende ad ancorarsi alla prima cifra che legge, senza considerare i numeri che trova dopo la virgola. Questo effetto esprime le sue potenzialità anche nella scelta dei nomi dei brand: uno studio ha notato che i clienti del ristorante americano “studio 97” tendevano a spendere una media di 8 dollari in più rispetto agli avventori dello “studio 17”. Strano, vero?