Fa parte della nostra cultura credere che comprendendo l’origine dei nostri comportamenti o leggendo compiutamente i dettami dell’istinto si possa risolvere ogni problema. Infatti, spesso, ci viene suggerito di cercare in noi stessi la verità e muoverci sulla base di questa: essere fedeli a noi stessi rappresenta la via per la felicità.
Il punto è che ci sono tanti pensieri dentro la nostra anima, tante spinte: il rischio di leggere “male” è dietro l’angolo, e d’altra parte iper-analizzarsi per ogni pensiero e parola è considerata un’abitudine ossessiva, poco utile e sana. Qui torna utile, secondo noi, sottolineare la differenza tra leggere e capire e tra capire e comprendere. Solo quest’ultima capacità sembra essere quella utile, decisiva per una vera crescita personale.
Leggere significa ordinare i segni e i sintomi, capire significa afferrare con la razionalità, comprendere significa assimilare la conoscenza dentro di sé, abbracciando il proprio stato d’animo senza giudicarlo troppo. A volte i veri “scatti” decisivi non passano attraverso la razionalità, non sono esprimibili a parole. Il nostro centro ci parla, ma quasi mai in modo compiuto, razionale e razionalizzabile. Molti pensatori e filosofi suggeriscono, per vivere bene, di limitarsi ad accogliere e a contemplare ciò che l’anima sussurra, senza sforzarsi di andare oltre (pena il rischio di allontanarsi da sé, distorcendo il messaggio).
Tra le “forze” che non riusciamo a razionalizzare davvero, l’amore è la più potente. Arrendersi al fatto che questo sentimento non ha nulla di logico e, soprattutto, nulla di morale, è necessario per comprenderlo. L’amore è una tautologia: amo o non amo, sono amato o non sono amato, è così e basta.
Tra i dolori più grandi c’è sicuramente il non amare chi si vorrebbe amare a tutti i costi o, al contrario, il non veder ricambiato un proprio forte sentimento. Il dolore che scaturisce da questi dati di fatto è così intenso che per colmarlo si va in cerca di spunti razionali, di regole di comportamento, di assiomi. Gli scienziati, effettivamente, studiano i mille meccanismi istintivi ed evolutivi che regolano l’amore; purtroppo a noi tutto ciò non serve.
Ammettere che le cose spesso sono proprio così come le vediamo e le sentiamo, anche se la nostra razionalità vorrebbe indurci a programmare, a costruire e a ricreare la realtà, può essere un passo molto duro da fare. Potrebbero scatenarsi rabbia, frustrazione, ribellione. A volte le cose, come stanno, proprio non ci piacciono. Tendiamo ad ammirare i grandi uomini e le grandi donne che hanno cambiato il mondo, lottando contro lo status quo: ma questa è politica, non sentimento. La politica cambia, il mondo interiore no. Accettare che noi e gli altri siamo così come siamo significa forse rinunciare a volerli conquistare a suon di ostinazione, ma ci permette allo stesso tempo di ripulire il cuore e lo sguardo e rivolgerci a chi davvero ci sta chiamando, a chi ci cerca, alle situazioni che la nostra anima contro ogni logica sente davvero sue.
Allora, in conclusione, voler capire è bello, ma non sempre è necessario. Preoccupiamoci, prima di tutto, di vivere e sentire fino in fondo, senza sovrapporre alla realtà vera altrettante realtà immaginarie: l’impatto all’inizio può essere duro, ma gli effetti benefici non tarderanno a manifestarsi.