Un conflitto, in se stesso, è qualcosa che fa soffrire, produce crisi e tensione, mette in difficoltà e in discussione. È dunque il modo in cui lo viviamo e ciò che ne facciamo, a poter essere qualcosa di buono e di produttivo. Chi non ha particolari problemi ad affrontare scontri dialettici e confronti anche aspri ha sicuramente un’arma in più per risolvere le tante situazioni, importanti e non, che la vita presenta di continuo. Ma esistono persone che hanno molta paura di litigare e fanno di tutto per evitarlo, come se non fossero riusciti a sviluppare la capacità o il coraggio di affrontare in modo diretto le contrapposizioni, quando queste presentano toni tesi e non concilianti. Insomma hanno un rifiuto a priori verso i conflitti. E, per questo, vivono male: non potendo "litigare bene" non riescono quasi mai ad avere ciò che desiderano e così la loro vita è piena di relazioni e situazioni insoddisfacenti.
Se vuoi litigare bene, al bando gli ammortizzatori!
Queste persone in fondo sanno che la loro modalità d'azione è inefficace, ma spesso, nel tempo, si sono inconsciamente costruite degli “ammortizzatori” che la giustificano. Si sono create, di caso in caso: l’immagine del buono "che non contraddice nessuno”, quella della “vittima che subisce le scelte degli altri”, quella del “pacifico che vive per il quieto vivere”, quella della “persona morale che non vuole sentirsi in colpa”, e via dicendo. Immagini di sé che impediscono di prendere veramente atto dei danni che il rifiuto aprioristico del conflitto produce. Se il rinunciatario deve sempre scendere a compromessi, chi ha a che fare con lui non può sapere i reali pensieri ed emozioni di chi ha davanti. Il rapporto, quindi, è falsato in entrambe le direzioni, con l’altro che può facilmente passare per un vessatore o un approfittatore, anche se non ha alcuna intenzione di esserlo. Chi rinuncia al conflitto deve tenere ben presenti queste conseguenze, così come deve conoscere le dinamiche del proprio rifiuto.
Esplodere o ammalarsi o sparire: la quarta via è imparare a litigare bene
Le conseguenze si dividono in tre tipi. La prima è quella del “trattengo, trattengo e poi esplodo”: la persona vive delle contrarietà che però non esprime, forse aspettandosi che sia l’altro a intuirle - chissà come?- e poi, periodicamente, scoppia in una manifestazione rabbiosa in cui butta fuori tutto, usando toni eccessivi, parole grosse, magari insulti, che ruotano tutti intorno al concetto: "Basta! Non ce la faccio più a sopportare tutto questo!". L’interlocutore, ovviamente - a meno che non sia un vero manipolatore che ha abusato della passività del rinunciatario - casca dalle nuvole e si sente aggredito.
La seconda conseguenza è quella del “porto la Croce e produco sintomi”: qui la persona patisce l’impossibilità di entrare in conflitto quasi come se fosse una missione, un sacrificio necessario voluto dal destino. E tutti i conflitti che sarebbero dovuti avvenire, in modo sano, all’esterno, si spostano nell’interiorità, diventano tensioni e conflitti psichici (che si manifestano in forma di nevrosi, di angosce, di depressione) oppure sintomi corporei, come ipertensione, dermatiti, patologie autoimmuni, coliti, gastriti, cefalea.
La terza conseguenza è quella del “sorrido, sorrido e poi svanisco”: la persona è talmente abituata a mettere una maschera sorridente e compiacente, che al suo interno si accumulano frustrazioni e senso di ingiustizia in modo quasi del tutto inconscio, così che un bel giorno si ritrova a prendere la decisione di “svanire”, cioè di chiudere istantaneamente (e senza spiegazioni, spesso anche a se stessa), tutti i rapporti in cui ha finto di non avere problemi. In tutti e tre i casi la qualità della vita e delle relazioni non può che andare alla deriva. Ma non è mai troppo tardi per imparare a gestire i conflitti e imparare a litigare bene: anzi, avere piena coscienza dei danni che il non farlo produce può dare la motivazione giusta per perseguire un traguardo davvero importante.
Tre regole per litigare bene
Legittima le tue idee
È il passaggio decisivo. Spesso non si riesce a litigare bene perché non si crede abbastanza in se stessi e nella legittimità delle proprie idee e sensazioni. Bisogna invece legittimarsi a esprimersi, senza aspettare di non poterne più e sbottare in modo esagerato. Altrimenti la realtà che ci costruiamo intorno sarà sempre più distante dalle nostre necessità.
Cogli al volo le opportunità
Da sempre, nelle attività umane, il confronto serrato e anche aspro, se ben condotto da entrambe le parti, porta a trovare nuove soluzioni e varie forme di progresso. Quindi cerchiamo di non vedere nella conflittualità solo l'aspetto distruttivo, ma l’opportunità di costruire qualcosa di nuovo. Si tratta solo di gestirla bene.
Largo a ironia e autoironia
Chi ha paura dei conflitti, in genere, prende tutto molto sul serio, sente molto “dramma” scaturire dal confronto. Serve sicuramente ritrovare un po’ di ironia e di autoironia, che facciano vedere la situazione a rischio con maggiore distacco e portino anche un sorriso sdrammatizzante, che spesso anche nel conflitto può essere risolutivo. Basta che sia ironia bonaria e non sarcasmo.
Dagli antichi sapienti alla scienza, tutti elogiano l'arte di litigare bene
“Il conflitto è il padre di tutte le cose” diceva il filosofo greco Eraclito in uno dei suoi frammenti più conosciuti. Nel testo originale la parola chiave è “polemos”, che vuol dire combattimento, guerra, lotta, mischia, ma la traduzione più adatta al pensiero dell’antico saggio è proprio conflitto: aveva compreso, riflettendo sulle leggi della vita e della natura, che la contrapposizione dinamica tra due o più elementi costituisce lo schema fondamentale affinché “le cose” (l’universo, la vita, le creature) possano trasformarsi e, quindi, continuare a esistere e a divenire. Duemilacinquecento anni dopo, la fisica quantistica scopre che, a far esistere tutto ciò che esiste, è proprio l’interazione conflittuale tra le particelle subatomiche che costituiscono la materia; e la psicologia, nello stesso tempo, comprende che lo sviluppo della personalità è possibile solo grazie a conflittualità elaborate a livello cosciente. Non “fare guerre”, dunque - che sono l’orrore - ma avere dei “buoni conflitti” e quindi litigare bene sembra essere indispensabile per lo sviluppo armonico della vita.