L’astinenza sessuale per periodi più o meno lunghi non è mai stata una scelta “neutra”, in nessuna società antica o moderna. Spesso esaltata in passato e caldamente raccomandata come mezzo per rinforzare la fede religiosa, la volontà e la profondità dell’animo, oggi è spesso vista con sospetto e associata a disturbi fisici o mentali. Da qui, sorge la legittima domanda se la scelta o l’eventualità dell’astinenza siano campanelli d’allarme di cui preoccuparsi e se la “pausa” prolungata possa provocare danni all’organismo. Sono in molti a credere, infatti, che astenersi dall’intimità causi veri e propri disturbi. Cerchiamo di fare chiarezza su questo punto.
Cominciamo col dire, una volta per tutte, che l’astinenza non è affatto dannosa per l’essere umano! Anche se diversi studi mettono in evidenza i benefici fisici e mentali dovuti all’intimità frequente, ciò non significa che una “pausa” breve, lunga o addirittura permanente sia dannosa. Gli unici problemi fisici che sono riscontrabili in persone che hanno avuto una lunga astinenza sono piccoli e locali: ad esempio qualche difficoltà in più nell’erezione o una minore lubrificazione della vagina. Sono problemi rapidamente risolvibili, che potrebbero dare qualche disagio nei primi momenti ma non rappresentano rischi a lungo termine. Dunque, nessun problema agli organi interni, nessun acuirsi del disagio mentale e nessuna insorgenza di malattie sono imputabili all’astinenza.
Alcune persone affermano, anzi, che l’astinenza stessa sia un esercizio di benessere: riallacciandosi alle opinioni degli antichi religiosi, molti moderni confermano che la loro rinuncia li ha fatti sentire più forti, più lucidi e più meditativi in determinati momenti della vita, come se si trattasse di un esercizio di empowerment o di auto guarigione.
A parer nostro, il discrimine è tutto nelle motivazioni dell’astinenza: è una libera scelta o è una condizione subita? È dovuta a blocchi mentali, a problemi fisici, oppure è una scelta motivata dalla religione e dalla cultura? Se la “pausa” è dovuta a malattie o disagi locali, è bene sapere che in questo caso il problema viene aggirato, ma non risolto. Non esistono, salvo in casi particolari, delle “astinenze curative”. Se la causa è un trauma psicologico, anche in questo caso l’evitamento non è risolutivo e sarebbe bene impegnarsi in un percorso di cura per recuperare la serenità in questo ambito, per quanto possibile.
In tutti gli altri casi, non c’è da avere paura: se si vuole interrompere la propria astinenza, ci si può comportare come con il digiuno (beh, ricordate l’accoppiata cristiana “digiuno e astinenza”? Non è un caso). Anche chi ha fatto una lunga dieta o si è privato del cibo per qualche tempo deve ricominciare a nutrirsi in modo “gentile” e graduale, ma assiste sempre a un recupero veloce. Non lasciarsi prendere dall’ansia è il consiglio principale.
Posto che non c’è nulla di cui preoccuparsi, resta l’invito a godere come un tesoro di qualsiasi fase della vita, “pause” comprese, perché in ognuna si cela un insegnamento prezioso.