L’invalidazione emotiva è un fenomeno molto diffuso e consiste nel minimizzare o negare pensieri e sentimenti di un’altra persona. Frasi tipiche, rivelatrici di un’invalidazione emotiva in atto, sono ad esempio “Stai esagerando”, “Quello che pensi non è vero”, “Mi hai frainteso”, “Smettila di essere triste”, “Sono solo paranoie tue”. Quante volte abbiamo detto una frase simile a un amico, un parente o un partner in crisi? L’invalidazione emotiva spesso è agita a fin di bene, nella speranza di far stare meglio una persona che soffre. Purtroppo questo comportamento non sortisce l’effetto sperato e, anzi, può rivelarsi dannoso.
Infatti, il messaggio che si trasmette invalidando le emozioni di qualcun altro è che ciò che percepisce non sia valido. Questo potrebbe confondere l’altra persona: essa potrebbe arrivare a credere di essere pazza o sbagliata, oppure iniziare a dubitare di sé sconvolgendo il proprio mondo interiore.
Pensiamo a un tipo di abuso come il gaslighting: questo tipo di manipolazione psicologica si basa per la maggior parte sull’invalidazione dei sentimenti, dei ricordi e dei pensieri di una persona. Chi subisce gaslighting si sente dire costantemente che episodi che ricorda benissimo non sono mai avvenuti, oppure che i suoi pensieri sono frutto di fraintendimento, debolezza mentale o pazzia. Risultato? Oltre a una sudditanza sempre più pesante nei confronti dell’abusante, chi subisce gaslighting potrebbe davvero iniziare a sperimentare delle crisi interiori, “impazzendo”.
Ora, il gaslighting è un abuso psicologico perpetrato sapientemente e cinicamente, mentre l’invalidazione di solito non segue un disegno preordinato. L’effetto a lungo termine, però, può essere lo stesso e come vediamo, è molto grave. Le persone cresciute in un ambiente invalidante, infatti, sono maggiormente a rischio di incorrere in disturbi psicologici, diventando “dipendenti” o addirittura “borderline”. È importante, quindi, che l’intera società diventi sempre più consapevole di come funziona l’invalidazione emotiva, in modo che essa diventi sempre meno incisiva.
La ricetta è all’apparenza semplice: anziché negare la sofferenza di chi abbiamo accanto dovremmo mostrare di accettarla, ritenendola valida e legittima. Spesso è difficile trovare le parole giuste per consolare una persona e non è una singola frase che scatena il problema, quanto piuttosto un atteggiamento continuo di negazione. Magari non possiamo avere il controllo su tutto ciò che diciamo, ma già farci consapevoli e modificare la nostra visione delle cose è utile.
Se una persona sente una cosa, questa cosa è valida, nonostante possa essere non vera. Ad esempio, se un amico ha malinterpretato una nostra frase e si è offeso, come dovremmo reagire? Dicendo, ad esempio che ci dispiace, che non intendevamo affatto trasmettere un certo significato, ma che ci rendiamo conto di essere stati poco chiari. Con questa formula stiamo dando ragione alla persona offesa, o meglio, ammettiamo che le nostre parole siano state fraintendibili: questo significa validare le idee dell’altro, dando per scontato che ogni pensiero è valido. Se il nostro amico ci ha fraintesi, significa che certamente era possibile interpretare male ciò che abbiamo detto. E sì, vale anche quando il fraintendimento ci sembra impossibile e quando le idee dell’altro ci sembrano concetti tirati per i capelli. Chi siamo per giudicare come una persona dovrebbe reagire? Frenare l’invalidazione emotiva è più semplice di quel che sembra, ma il passo per arrivare a questo traguardo ha una portata psicologica enorme!