Forse prima o poi gli scienziati riusciranno a inventare una macchina che ci permetta di viaggiare nel passato o nel futuro, entrando in contatto con civiltà preistoriche o con i nostri bis-nipoti. Per ora, il cervello umano è già una piccola macchina del tempo: lo dimostra la nostra cronestesia, ossia la capacità di ricordare il passato e immaginare il futuro. Il termine, coniato nel 2002 dal neuroscienziato Tulvig, comprende non solo l’abilità di ricordare o di immaginare, ma soprattutto la consapevolezza del passato e del futuro.
Prima di addentrarci nelle caratteristiche della cronestesia (un termine che comprende sia l’abilità di ricordare che quella di immaginare scenari possibili) ricordiamo che non tutti gli animali hanno le stesse capacità mnemoniche. Ad esempio i cani, i nostri migliori amici, hanno poca memoria episodica e tanta memoria di tipo associativo. Difficilmente ricorderanno il bel pomeriggio che avete trascorso al mare l’anno scorso, ma vedendo la sabbia probabilmente avvertiranno sensazioni piacevoli e inizieranno a correre. La “macchina del tempo” nel nostro cervello è incredibilmente più sviluppata della loro.
Tutti gli esseri umani sono dotati di capacità cronestesiche più o meno sviluppate. Le persone che hanno determinati difetti cerebrali (come l’afantasia, ossia l’incapacità di visualizzare immagini mentali) sono meno brave delle altre, ma in generale tutti siamo capaci di proiettarci indietro o in avanti con l’immaginazione. Un esperimento, anzi, ha dimostrato che persino il nostro corpo “viaggia” nel tempo insieme alla mente, modificandosi leggermente in base all’immagine evocata. Lo ha dimostrato uno studio dell’università di Aberdeen (Regno Unito) che ha coinvolto una ventina di giovani. Ai volontari sono stati applicati dei sensori di movimento, dopodiché è stato chiesto loro di immaginare un viaggio nel passato o nel futuro. Quando i soggetti pensavano al passato, il loro ginocchio si fletteva leggermente all’indietro, mentre accadeva esattamente il contrario quando pensavano di viaggiare “in avanti”, verso il futuro. I ricercatori hanno così dimostrato che esiste una correlazione tra movimento e pensiero, movimento e memoria, principalmente dipendente dal lobo temporale.
Studiare la cronestesia è particolarmente utile agli scienziati che si occupano delle malattie neurodegenerative, come Alzheimer e demenza, nel tentativo di individuare strategie preventive e curative. La memoria episodica, cioè il ricordo di specifici momenti vissuti, è la prima a soffrire in caso di patologia: forse però aumentando la consapevolezza sul funzionamento del cervello sarà possibile limitare i danni.
È bene sapere poi che la cronestesia è stata determinante per costruire una consapevolezza collettiva, di specie, che collega la famiglia umana e le permette di crescere a livello tecnico, artistico e di solidarietà. La nostra macchina del tempo, anche se in apparenza è ridotta alla sola consapevolezza personale, è un ponte che collega gli esseri umani gli uni con gli altri ed è forse alla base di quello che Jung chiamava “inconscio collettivo”.