Per mantenere qualsiasi rapporto interpersonale è necessaria un po’ di mediazione, cosa che implica anche la possibilità di qualche rinuncia. Tuttavia, molte persone tendono a sacrificarsi troppo (e a volte inutilmente) per mantenere stabile la propria relazione affettiva.
Il sacrificio, che in qualche misura è necessario, dovrebbe sempre essere reciproco: l’elasticità e la volontà di venirsi incontro caratterizzano infatti le coppie più felici. In queste coppie la stessa parola “sacrificio” perde parte del suo significato, perché rinunciare a qualcosa per il partner rappresenta un piacere più che una privazione.
È però possibile che in determinati momenti della vita di coppia sorgano dei dubbi: “mi sto sacrificando troppo?”, “perché sto rinunciando a così tante cose?”, “il mio partner farebbe lo stesso per me?”. Questi dubbi, del tutto legittimi, vanno compresi e analizzati. Alcune persone, infatti, tendono ad annullarsi nel rapporto d’amore, con danni che si ripercuotono a lungo andare sia sulla loro psiche sia sulla stabilità della coppia.
La vera domanda, semplice ma allo stesso tempo ricca di implicazioni, è: “questo sacrificio mi rende felice? Sto pensando anche a me mentre lo compio?”. Fare delle rinunce con l’unico scopo di far piacere all’altro, dimenticandosi di sé o danneggiandosi consapevolmente, non è un comportamento sano e può nascondere due diversi tipi di problema: la mancanza di autostima (non considerarsi degni della felicità e del rispetto altrui) o uno squilibrio nel rapporto dato dalla volontà inconscia di dominare l’altro (sacrificarsi allo scopo di ricattare e far sentire in colpa il partner). Entrambi i problemi derivano da un’idea sbagliata dei rapporti, di solito appresa nell’infanzia.
Occorre togliersi dalla testa l’idea che l’amore vada meritato e che il sacrificio sia il prezzo da pagare per un po’ di considerazione. Tutti siamo degni d’amore così come siamo e non dobbiamo fare altro che esserci per meritare il favore degli altri. Se si parte da questo assunto, ogni sforzo in più appare come vera solidarietà, vera empatia e non come una “tassa obbligata”, molto meno valida dal punto di vista morale.
La seconda domanda da porsi è: “il partner sa che mi sto sacrificando? Farebbe lo stesso per me?”. La verità è che molto spesso i sacrifici che si compiono per rendere felice l’altro, se sono una costante, non vengono nemmeno capiti. Se ad esempio si lascia che sia sempre il partner a prendere delle decisioni, questo potrebbe presumere di avere accanto una persona poco autonoma e priva di interessi piuttosto che qualcuno impegnato costantemente a rinunciare ai suoi bisogni. Questo fa capire la profonda inutilità di tanti sacrifici che potrebbero essere evitati. Ci sono invece dei casi in cui il partner è a conoscenza del sacrificio che l’altro sta compiendo e ci gioca per ottenere vantaggi o nutrire il proprio ego. Si tratta di un atteggiamento evidentemente manipolatorio che deve essere assolutamente smascherato, se si vuole comprendere fino in fondo la propria tendenza al sacrificio.
Infatti, oltre alla scarsa autostima e al carattere passivo-aggressivo, la principale causa dei sacrifici continui è la presenza di un partner manipolatore. Questo genere di persona tende a circondarsi di soggetti “deboli” che si prestano a essere dominati tramite il senso di colpa e i ricatti. Il suo obiettivo è proprio far credere che il sacrificio sia dovuto, sia l’unico modo per garantirsi l’amore e il rispetto che invece dovrebbero essere scontati. Ecco perché chiedersi se il partner sarebbe pronto a ricambiare il sacrificio è fondamentale per capire se si sta vivendo una relazione tossica, sbilanciata e potenzialmente violenta.
L’analisi della situazione, ottenuta con queste poche domande, è utile per risolvere il problema: quando l’esagerata volontà di sacrificarsi nasce da dentro, il rimedio è rimettersi al centro, lavorare sull’autostima e imparare ad ascoltarsi; quando la causa è un partner manipolatore, l’unico rimedio è ridiscutere le basi della relazione o addirittura interromperla.